La meditazione è come una lama di chiara luce invisibile. La sua pratica ti aiuta a discernere il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto, l’amore dall’odio, consentendo il salto quantico che dalla coscienza di “ciò che è” conduce alla consapevolezza del puro essere.
Come si approfondisce il raccoglimento? Il che equivale chiedersi, com’é che ci s’addentra nel labirinto dello spirito, ossia come si procede verso il centro dell’essere (uno con tutti)? Infine, per essere più precisi, come si medita?
Ci sono momenti in cui sembra che tutto proceda all’incontrario o che si fermi; e non è sconforto. E’ solo la presa d’atto che la tua luce è fievole, non emana. E siccome non emana, non elargisce, non riceve nemmeno. Il sostrato interiore ti sembra duro, pressoché insormontabile, così spesso da render vano qualunque sforzo di approfondire la ricerca di ciò che credi sia il tuo nucleo esistenziale, il tuo sé più intimo, l’essenza. Già, la ricerca, prima la convinzione di sapere, poi lo stupore di aver stretto il pugno per afferrare l’aria. Già, l’analisi, l’indagine introspettiva, finché non ti accorgi che il suo oggetto non esisteva nemmeno. Una finzione che motivava una recita, che giustificava il gioco delle parti per causare perlopiù sofferenza. Per scoprire infine, dopo eoni d’interminabili altalene emotive che suscitavano disgustose tensioni prima, poi brevi rilassamenti, in un succedersi così monotono che col tempo diventava obbiettivamente deprimente; per scoprire che non v’è affatto, lo sottolineo nel modo più assoluto, il benché minimo ostacolo da superare.
L’interiorità è come una caverna, un antro così buio che ambientarsi richiede tempo, ma una volta che ti sei acclimatato, allorquando i tuoi occhi mentali si sono assuefatti alla sostanziale differenza che esiste tra lo sfavillio esteriore e la dolce o calma penombra interiore, vedrai che la vera sorgente d’energia non è all’esterno ma proviene dall’intimo.
L’intravedi fuori perché, in realtà, ne scorgi solo gli effetti. In altre parole ne rilevi l’esistenza solo attraverso gli oggetti che illumina, mentre il pulviscolo mentale racchiuso nello spazio interiore è così rado che il tuo cielo più intimo ti sembra quasi buio. E qui nasce l’esigenza della meditazione. Se lo contempli a sufficienza comincerai a intravederne dapprima un lieve crepuscolo, poi una pallida alba dorata, infine una chiara e inconfondibile luce la cui consapevolezza ti rigenererà sine die, per sempre o finché tu stesso lo riterrai più opportuno.
Epilogo
La meditazione è l’ultima Thule della coscienza. Ci vogliamo arrendere? Vogliamo lasciar prevalere le ragioni dell’odio, ossia dell’essere uno contro tutti, invece di quelle dell’amore consapevole? Anche se gli ultimi epigoni dell’isola che non c’è si sono inevitabilmente arresi alle ingiurie del tempo sospettando forse di aver preso un abbaglio in quanto l’eldorado sociale non esiste se non nei cuori della gente, noi riteniamo che una forza ancor più grande di qualunque rivoluzione stia per abbattersi sugli ultimi lidi delle nostre pur aride e vetuste contrade psichiche.