Perché ci si rivolge alla meditazione? Per lenire le proprie sofferenze. Per inciso, stavo per definirle “eventuali”, ma in realtà non c’è proprio nulla di “eventuale”. La “sofferenza”, chiamiamola pure “disagio”, è inerente, è implicita al nostra condizione esistenziale. Tuttavia un conto è ingigantirla sino all’inverosimile trasformandola, secondo talune deprecabili concezioni religiose, persino in una sorta di simulacro da adorare o, al massimo, di cui divenire pienamente consapevoli illudendosi, in tal guisa, di minimizzarla se non finanche esorcizzarla. Ben altro prenderne semplicemente atto e cogliere l’opportunità che ci offre quel vigoroso stimolo di autoconsapevolezza per convergere viepiù verso il momento presente. Ebbene, così come non suggeriamo mai di esaltare alcunché, non consigliamo nemmeno d’ignorare un bel nulla. E’ invece essenziale rivolgersi all’attimo, al momento presente, all’istante stesso in cui la vita assume gli aspetti o le parvenze che stiamo osservando, che abbiamo, per l’appunto, appena appena esperito. Seguono alcune pregevoli considerazioni in merito di Jeff Foster […]
«C’è una tale tendenza nella nostra cultura a evitare il disagio di qualsiasi tipo, a distrarci da esso, a etichettarlo come ‘sbagliato’ o ‘negativo’ o anche ‘non spirituale’, a meditare … Gran parte della nostra medicina occidentale è orientata verso la rimozione dei sintomi, il silenziamento del disturbo, l’intorpidimento del caos e il viaggio verso una certa “normalità” socialmente accettabile.
Ma a volte, amici, non abbiamo più alcun interesse a ‘tornare alla normalità’! La ‘normalità’ era il problema, non la soluzione! Lo status quo doveva cambiare. Era instabile e falso. I vecchi sogni ci tenevano intrappolati.
A volte la nostra ‘normalità’ ha bisogno di aprirsi al caos e alla crisi, il nostro dolore e la tristezza, la frustrazione, l’esaurimento e i dubbi devono essere sentiti più pienamente che mai, il cuore deve aprirsi più completamente.
Il nostro dolore non è una punizione di un dio giudicante, né un errore in un universo rotto, né una prova del nostro fallimento e della nostra ignoranza non illuminata, ma un insegnamento spirituale profondamente vivo.
Ne è testimone Gesù sulla croce. Lo strumento della sua tortura divenne il suo ultimo invito alla guarigione – la riscoperta della sua stessa Presenza indistruttibile prima della sua incarnazione umana, prima del tempo stesso.
Considera la possibilità che nella tua sofferenza ti venga dato un invito: a lasciarti andare, a svegliarti dal sogno della normalità, ad abbracciare la vita in tutta la sua rottura e meraviglia. Ad innamorarti di dove sei. Uscire dalla storia del passato e del futuro e volgersi verso il momento presente, il luogo in cui vi trovate.
Lasciate che i venti soffino, che le tempeste infurino, che tutto ciò che è falso sia purificato, che tutto ciò che è morto rimanga morto, che la vita esploda dove siete. Sei solo invitato a una guarigione più profonda, anche se sembra dolore, anche se il cuore è tenero e crudo, anche se non puoi ancora sentire i tuoi domani…»
[ Fonte: “Jeff Foster in italiano“ ]
– Jeff Foster (macrolibrarsi)
– Jeff Foster (amazon)
– Jeff Foster (spiritual teacher) – Wikipedia