La meditazione è una pratica estremamente versatile, non esistono regole preordinate. I suggerimenti per meditare con più agio e avvicinarsi gradualmente all’universo che sottende, quello della consapevolezza implicita, non constano di rigide direttive, non sono norme, principi, metodologie, bensì semplici escamotage per aggirare la nostra inveterata tendenza all’assuefazione, ossia a reiterare all’infinito i medesimi, incongrui comportamenti. Spesso e volentieri, ripetere di continuo le medesime abitudini, gli stessi rituali, è solo un modo per rassicurarsi e calmarsi. Ma quel è il miglior modo per rasserenarsi e risollevarsi se non trovare vero conforto e sicurezza nelle istanze interiori più autentiche e profonde? Per uscire dal circolo vizioso di qualunque routine alienante il primo passo è sempre quello di… ma leggiamo cosa dice a tal proposito Thich Nhat Hanh.
«Una storiella zen racconta di un uomo su un cavallo: il cavallo galoppa veloce, e pare che l’uomo debba andare in qualche posto importante. Un tale, lungo la strada, gli grida: “Dove stai andando?” e il cavaliere risponde: “Non so! Chiedi al cavallo!”.
C’è qualche somiglianza tra questa storia e la nostra: anche noi stiamo cavalcando un cavallo, non sappiamo dove stiamo andando e non ci possiamo fermare. Il cavallo è la forza dell’abitudine che ci spinge in una certa direzione, senza che noi si possa fare niente: corriamo sempre, e correre diventa il nostro modo di vivere. Spesso siamo così indaffarati che ci dimentichiamo cosa stiamo facendo e persino chi siamo. Persi in mille preoccupazioni, rimpianti, paure, sogni a occhi aperti, ci dimentichiamo di guardare e apprezzare le cose che ci circondano, le persone che amiamo, finché non è troppo tardi. Quella che sto vivendo, pensano molti di noi, non è la mia vita vera: quella appartiene al passato, a quando ero giovane, oppure è rimandata a quando avrò più denaro, o una posizione migliore, una casa più grande, la laurea, una fidanzata, un figlio… E nel frattempo viviamo come in un’eterna parentesi, immersi in una bolla di sofferenza opaca di cui neppure ci rendiamo conto, convinti che le condizioni attuali non consentano alcuna vera felicità.
Anche quando abbiamo del tempo libero, non sappiamo come entrare in contatto con ciò che sta succedendo dentro e fuori di noi. Così accendiamo il televisore, prendiamo in mano il telefono, sfogliamo una rivista, apriamo Internet, qualsiasi cosa pur di sfuggire a noi stessi. Combattiamo tutto il tempo, anche durante il sonno. Dentro di noi c’è la guerra, ed è facile che questo faccia scoppiare una guerra con gli altri.
Cambiare questo stato di cose è possibile, se lo vogliamo. La prima cosa che dobbiamo imparare è l’arte di fermarsi: fermare i pensieri, le abitudini, le emozioni forti che ci condizionano.
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Fermarsi e vedere sono cose molto vicine. Appena vi fermate le parole della pagina diventano chiare, il problema di vostro figlio diventa chiaro. Fermatevi e guardate: questa è la meditazione di visione profonda. Significa avere una visione intuitiva della realtà. Fermarsi è vedere, e vedere aiuta a fermarsi. I due sono uno. Facciamo così tante cose, corriamo tanto in fretta, la situazione è pericolosa, gli altri ci dicono: “Non stare seduto là, fai qualcosa!”. Forse, fare qualcosa in più peggiora la situazione. Così, potremmo rispondere: “Non fare niente, stai seduto lì!”.
Sedersi, fermarsi, essere se stessi: e poi incominciare da lì. Questo è meditare.
Sedete nella sala di meditazione, a casa vostra, in qualunque altro posto. Ma stare seduti non è abbastanza, dovete sedervi davvero.
Sedete e siate. Sedere senza essere non è sedere.»
Fermatevi e siate.
(Da: Thich Nhat Hanh, “Essere pace. Con il cuore della comprensione e la meditazione camminata“)
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– Thich Nhat Hanh su wikipedia
– EsserePace.org – Thich Nhat Hanh