Siamo sicuri che i desideri siano un impulso da condannare – sempre e comunque – tout court? I sogni, le ambizioni, le nostalgie, le aspirazioni, non sono affatto pedisseque pulsioni esistenziali da biasimare di continuo. Semmai potrebbero dimostrarsi persino il motore immobile della nostra pratica meditativa. Sia che il loro ambito sia relativamente concreto, quanto invece non si tratti della nostra interiorità, l’essenziale è non rimanere invischiati negli attaccamenti. Il problema, lo ribadisco, non è il desiderio in sé, ma l’attaccamento, finanche subliminale, che talvolta può condizionare gran parte delle nostre – pur umili – vite. Soffermiamoci ora sulle seguenti brevi considerazioni di Jack Kornfield …
«I desideri salutari ci permettono di alimentarci e vestirci e prenderci cura di noi stessi, di accudire il nostro corpo e i nostri figli, dì sviluppare il nostro lavoro e la nostra comunità. I desideri salutari si associano alla cura, all’apprezzamento e alla gentilezza amorevole. È evidente nel legame sano e premuroso che c’è fra genitori e figli nei paesi di cultura buddhista: i bambini thailandesi, tibetani e singalesi stanno in braccio a tutti, hanno la faccia radiosa, un’allegria non repressa e sono pieni di amore per la vita. In tutti noi, quegli stessi desideri salutari fanno nascere dedizione, stabilità, capacità di prendersi cura, benevolenza, generosità, e flessibilità, che sono le fonti della felicità.
Al di là dei desideri salutari, la psicologia buddhista descrive una libertà che la nostra cultura fatica molto a comprendere, anche se la conosciamo tutti: è quello spazio di libertà interiore in cui non c’è più la presa tenace del desiderio, spazio nel quale possiamo agire senza restare intrappolati nel desiderio. È come quando desideriamo disperatamente comprare una determinata casa ma la perdiamo perché qualcun altro ha fatto un’offerta superiore alla nostra: la lasciamo andare e poi, due settimane dopo, l’agente immobiliare ci chiama e ci dice che l’altra offerta è caduta, e che possiamo avere quella casa. A quel punto, senza la spinta della compulsione, possiamo pensarci su: la desideriamo veramente? È adatta alle esigenze della nostra famiglia? Alla fine forse sceglieremo di comprare la casa e di arredarla, ma lo faremo con più libertà, senza preoccupazione né attaccamento. Si sta molto meglio, così! Ecco, questa è la capacità di entrare nel mondo del desiderio in modo giocoso e libero, senza attaccamenti.»
(Da: Jack Kornfield, il Cuore Saggio)
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