Nella pratica della meditazione, spesso ci concentriamo sulla nostra storia personale, ma c’è un livello più profondo da esplorare: l’impersonalità. Attraverso la connessione con la natura, impariamo a osservare la sofferenza e la gioia come semplici presenze, senza il bisogno di raccontarle o giustificarle. Gli animali e gli alberi ci mostrano come vivere nel “non sapere”, abbandonando l’ossessione del controllo e abbracciando una fiducia radicale nel flusso della vita. Questa consapevolezza ci permette di sperimentare una gioia autentica, che non cancella il dolore, ma lo accoglie, rendendoci più compassionevoli verso noi stessi e verso il mondo. La meditazione diventa così un ponte per ritrovare la nostra innocenza e il nostro splendore, in armonia con tutto ciò che ci circonda.
«Avere amici animali e vegetali, praticare la vista meravigliata e meravigliosa introduce al sollievo dell’impersonalità. Perché andare in profondità meditando non è solo l’archeologia della storia personale, ma anche sentire che non c’è persona, assaporare la sofferenza senza cadere nella rete del raccontarsela, ma lasciando che sia lei a raccontare, se ha qualcosa da rivelarci, e sentire che i suoi racconti servono solo a renderci più precisi nella compassione verso noi stessi, più acuti nel riconoscere il c’è della sofferenza in noi e attorno a noi. Impersonalità non è diventare invisibili e innocui, ma innocenti, consapevoli della propria fragilità e della propria capacità di nuocere, consapevoli del c’è. Consapevoli anche di splendere. E splendere. Perché c’è, e perché i bambini guariscono in fretta se sono compresi e curati: non gli piace essere malati e lo stesso fa il cuore, anche un vecchio cuore.
Accorgersi che anche la gioia, come la sofferenza, è un c’è, e che è diversa dall’allegria; non vuole essere dimostrata: se a un animale viene da sorridere, sorride anche se è nel deserto, non vuole essere visto, non vuole essere non visto. Dunque, la gioia c’è ed è una gioia che tiene conto del nostro dolore, non un’allegria che lo cancella. E una gioia su misura, che ci conosce bene.
Gli animali e gli alberi insegnano a non sapere, a tollerare di stare al mondo senza l’ossessione di capire. La loro assenza di controllo mi pare renda il loro mondo non più minuscolo, ma anzi vastissimo, misterioso.
Sanno abbandonarsi, conoscono e insegnano una fiducia primaria e radicale.»