“Maestro, cos’è la vera meditazione?”, chiese senza preamboli la rana zen all’inestimabile precettore.
L’insegnante in questione, in realtà, non era affatto loquace. In genere si limitava solo a presenziare. La sua funzione era poco palese. Era così generico e anonimo che potevi benissimo confonderlo con l’ennesimo allievo. Tuttavia sembrava chiaro che quando partecipava alle sedute o, se preferite, agli incontri – una sorta di rendez-vous meditativi – prestava attenzione a chiunque …; ma non mi dilungo più, andiamo all’essenziale.
Un sorriso, appena appena sotteso, sfiorò i suoi lineamenti: “Figliola”, si pronunciò dall’alto della sua pressoché totale nullità, “osservare i pensieri non è vera meditazione; seguire il respiro non è vera meditazione; camminare consapevolmente non è vera meditazione; …”.
“Maestro, anche se mi sorprendi, va bene lo stesso. Dunque, se non erro, fare qualcosa per meditare non è la prassi più utile da seguire. Sbaglio?”, chiese ancora la rana.
A questo punto il discorso si era fatto così interessante che persino il gatto del Tempio sembrava estasiato. Che accidenti era quest’arte così controversa di cui le più disparate tradizioni religiose e, di recente, veri stuoli di provetti, peraltro stimabili studiosi della psiche ne declamavano i pregi o, talvolta, eventuali relative problematiche?
“La mente non si può domare. Prima o poi ritornerà sempre da capo. Non appena gli effetti dell’ennesimo condizionamento saranno svaniti, il suo addestramento andrà in fumo. Sapessi in quanti, maestri, yogi o presunti tali sono incorsi in questo errore”, commentò l’austero venerabile. “Vera meditazione è rimanere soli con sé stessi, comunque, dovunque e quantunque; sia dinanzi un muro bianco che una folla vociante; sia nella quiete del più assoluto riposo che nel più alienante tra i coinvolgimento possibili”.
“Maestro, dov’è che troverò me stessa se non nel mio presumibile ego?”, interloquì la rana.
Accidenti, è finito il foglio, sarò breve, sospirò il trascrittore.
“Dietro la cortina, figliola. L’ego è solo in superficie. Tu va dietro le apparenze, dietro la cortina fumogena delle idee, dietro il paravento dei pensieri. Là dove dimora la tua mente originaria. Te stessa”, concluse, ancorché allontanandosi e lasciando il suo umile zafu semplice-mente vuoto.