Nel vasto silenzio della meditazione, a volte affiorano interrogativi tanto antichi quanto radicati: chi o cosa sono gli Dei? Dove dimora il sacro, se non in qualche remoto altrove della mente? Chi si addentra nella pratica contemplativa può essere tentato di evocare immagini, figure, attributi – ma il sentiero autentico della meditazione non cede alla tentazione di afferrare. È proprio qui che la mente, abituata a creare, si ritrova a cedere il passo a qualcosa di più sottile. Quando l’attenzione si posa sul vuoto, anziché sul concetto, l’intero orizzonte si modifica. Ciò che sembrava assenza si rivela potenziale. E in questo spazio, quieto e disponibile, emergono intuizioni che nessun dogma può vincolare. Non si tratta di credere, ma di vedere. Non di invocare, ma di ascoltare.
Quando chiesi al mio maestro (zen) cosa mai avrei dovuto fare per riuscire a meditare – seppur in via del tutto metaforica e informale – sugli Dei (sulla divinità, sul divino), mi sorprese con una risposta davvero inattesa. Mi suggerì di meditare sul vuoto. Nonostante ritenessi che il vuoto fosse assenza di alcunché, mi spiegò che in realtà si trattava di un distillato del pensiero, un elemento quanto mai relativo, ma formidabilmente dinamico. Contemplarlo sarebbe stato sufficiente.
Meditare sugli Dei
Gli Dei che già farfugliano
sui bordi dei giacigli,
pronti a consolar chiunque
ne implori il loro aiuto,
sono rimasti attoniti
quando la Natura Intrinseca
ne ha disvelato infine
l’Origine Primeva.
Ben lungi dal sembrar
ciò che in realtà non erano
si sono dimostrati
Purissimi Pensieri,
come quell’infinite bolle
che pullulando in mente
scorrazzano nei cieli.
Conclusione
Quando la mente cessa di inseguire forme e si lascia permeare da ciò che non può essere afferrato, allora ciò che chiamavamo “Dio” perde i contorni di una figura e diviene presenza silenziosa. Non c’è nulla da costruire, nulla da affermare. Restare fermi nel cuore del vuoto è, paradossalmente, il gesto più pieno che possiamo compiere. In quel punto senza coordinate, dove svaniscono i nomi e le identità si dissolvono come nebbia, il sacro non si manifesta: si riconosce. Ed è lì che, forse, anche gli Dei – liberi da ogni maschera – si rivelano per ciò che sono: moti dell’animo, bagliori della mente, echi di una verità che non chiede parole.