Il problema non è quello di dare o trovare un senso alla vita. Il problema è riconoscere che tutto quanto ci accade non ha necessariamente uno scopo. L’avvicendarsi delle circostanze non segue per forza di cose un determinato criterio. I nessi logici o casuali tra la successione di eventi che ci riguardano sono individuati sempre a posteriori.
Il significato delle più svariate circostanze in cui siamo coinvolti ha una sua valenza intrinseca. Quindi smettiamo di attribuire a chicchessia le nostre emozioni (il modo in cui il corpo esprime le pulsioni rielaborate dalla mente). Questi costrutti sono meramente fittizi. La verità è solo un grande vuoto. Un nulla-tutto che si rigenera da sé. L’opulenza nasce sempre da un’assenza. Quanto più sei vacuo, tanto più sarai felice. Tuttavia se credi che le presenti riflessioni – o elucubrazioni – siano una sorta di filosofia, stai travisando il discorso. Ciascuna formulazione ha il fine di evidenziare una direttiva per favorire la meditazione. Sennonché il focus è – come dicevo prima – quello della vacuità sostanziale sottesa a qualunque evenienza. Non v’è nome né forma, la realtà scaturisce da un’unica sempiterna energia. Il massimo dell’insight è meditare su nulla. La vita è un gioco e tu vi partecipi danzando al ritmo di una sinfonia pressoché impercettibile.