Che sono i simboli? Espressioni sintetiche, forme primitive, modelli che possono raccontare la vita in due modi. Il primo è exoterico. A ogni simbolo si associa un significato ben preciso che esclude l’imponderabile. Il secondo è esoterico. In tal caso non rappresenta solo un archetipo, ma cela un itinerario di conoscenza soggettiva che secondo alcuni riflette le istanze di un mondo ultrafenomenico, per altri una modalità di percezione talmente limpida da superare le distorsioni causate da qualsivoglia preconcetto.
Presupposti | Contemplazione | Identificazione | Radici | Tolleranza | Conoscenza | Meditazione | Epilogo
Presupposti
Il presupposto di qualunque dissertazione che intenda occuparsi di meditazione e quindi di benessere e spiritualità è sempre la consapevolezza. Quanto più un individuo diventa consapevole, tanto meno ha bisogno di modelli, emblemi, regole a cui conformarsi o ispirarsi, che lo rappresentino o lo sottopongano a vincoli, controlli, restrizioni. Per raggiungere e/o mantenere un minimo di libertà dai consueti e usuali condizionamenti bisognerebbe, quindi, porre sempre e innanzitutto l’accento sull’attenzione. Non si possono, ad esempio, compiere azioni dannose se si è ben svegli. D’altra parte sia la compassione che tanti analoghi astratti ideali si concretizzano, soprattutto, con la consapevolezza.
Ma perché si insiste così tanto e dal principio, sulla consapevolezza? Un motivo marginale e al tempo stesso prioritario. La consapevolezza non è un metodo, né tanto meno uno stile di vita. Sin dalle prime fasi del relax meditativo, le energie naturali che entrano in gioco sono già così considerevoli da implicare maggior efficienza mentale, quindi più concentrazione, che comporta a sua volta un raffinamento della facoltà intuitiva. Sarebbe alquanto opportuno, pertanto, essere sempre ben consci di quel che si pensa, dei più riposti desideri, sogni, ambizioni. Meglio evitare di prevaricare involontariamente chicchessia, giacché in tal guisa si correrebbe il rischio di alimentare il proprio ego creando, sia a se stessi che agli altri, inutili e superflui disagi.
Contemplazione
Uno tra gli artifici che condusse in passato tanti individui verso apparenti o transitori stati meditativi fu la contemplazione dei simboli. Ma oggi, alla luce delle nostre attuali conoscenze, che si può aggiungere?
In linea di massima sarebbe preferibile che la maggior parte delle persone evitasse la contemplazione dei simboli o delle icone. E non perché sia un metodo esoterico praticato, a volte, anche dai cosiddetti occultisti. Purtroppo il termine “esoterico” è stato trattato con scherno e dispregio senza nemmeno soffermarsi a riflettere che tantissime pratiche religiose, riti commemorativi e celebrativi compresi, specialmente quando ammettono l’imponderabile e l’irrazionale, come l’esistenza o l’adorazione del mistero, sono anch’esse, senza ombra di dubbio, “esoteriche”.
Numerose e antiche istituzioni laiche o religiose tradizionali considerano siffatti esercizi quali pratiche ammissibili. Richiamo come esempio la chiesa cattolica che suggerisce e sostiene la contemplazione del crocifisso, o la colta ed erudita massoneria che reputa, giustamente, lo studio dei simboli come uno dei modi possibili per favorire la spiritualità. Ritengo, pertanto, che in alcuni casi e a determinate condizioni tali metodi potrebbero dimostrarsi relativamente utili.
Identificazione
In effetti i veri problemi sorgono, per l’appunto, quando ci si identifica con un determinato simbolo senza comprenderlo appieno. Numerosi tra coloro che si sono sentiti traditi oppure offesi o delusi dal fatto che in Francia (Febbraio 2004) sia stata promulgata una legge che vieta l’ostentazione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici hanno percepito la circostanza come una restrizione della libertà, di una facoltà di scelta individuale. In linea teorica potrebbe esser vero. Ma se tale presunta libertà consiste in pratiche, usi e costumi coercitivi, talvolta persino ai limiti dell’idolatria o dell’insensatezza, che impongono credenze violente quanto illogiche e riducenti come, ad esempio, la cieca ubbidiente sottomissione a ipotetiche verità spirituali rivelate, ebbene sarebbe mille volte più giudizioso e rispettoso, a mio avviso, che ciascuno evitasse di ostentare o finanche imporre le proprie convinzioni in ambiti di pertinenza pubblica e destinasse le predilezioni e consuetudini personali alla sfera privata.
La verità, per sua stessa natura, non potrà mai esser rappresentata da un simbolo. Essa è viva. Nasce nel cuore del silenzio. Ciascuno può averne una qualche intuizione, ma la sua rappresentazione non può essere generalizzata. E qui il bello della conoscenza simbolica. Essa è alla portata di chicchessia, giacché non pretende, accenna, suggerisce. I simboli indicano, additano e si ri-velano, prodighi, donando a ciascuno secondo la propria comprensione.
Radici
Più in generale, indipendentemente dal fatto che i simboli rappresentino istanze più o meno fondate sulla ragione e quindi più o meno benefiche e scientifiche, sovente lo sproposito consiste nell’identificarsi in modo così velleitario e generico con quegli stessi simboli sino a ritenerli parte di se. Essi potrebbero appartenere si, alle proprie radici culturali, ma solo superficialmente, in senso secolare, profano. In realtà, ciò che conta effettivamente, le nostre radici esistenziali sono innanzitutto nell’affetto, nell’amorevolezza, nella reciprocità, nella compassione, nella consapevolezza che siamo tutti esseri interdipendenti. Principi, ideali, valori? No, nient’affatto? Perché non designarli con il loro vero nome? Qualità! Prerogative e peculiarità che non sono esclusiva o monopolio di nessuna tradizione religiosa in particolare o in quanto tale, ma di tutta l’umanità.
Se volessimo descriverci, che cosa ci potrebbe mai rappresentare al meglio dinanzi al mondo se non uno spirito di vera giustizia? D’altra parte, un conto sono le tradizioni, i trascorsi culturali, ben altro quelli della coscienza. Coloro che sono ancorati al proprio passato psicologico non riescono né a pregare, né a meditare. Le vere preghiere sono istanze di ringraziamento e non richieste d’aiuto. Tutti coloro che vivono una vita gioiosa e ricca di effervescente spiritualità sono presenti sia a se stessi che alle esigenze e ragioni degli altri. Il predominio ideologico, al contrario, è una vera nefandezza culturale.
Tolleranza
Tolleranza non significa accettare o subire, sempre e comunque, qualunque sciocchezza ci venga propinata. Tolleranza implica innanzitutto ragionevolezza. Al contrario, l’identificazione con determinati simboli o culture comporta cecità e produce immancabilmente, nel lungo periodo, come la stessa storia dei popoli e delle loro religioni dimostrano, fondamentalismi, soprusi, violenza, sofferenza.
Per sapere chi siamo non abbiamo necessariamente bisogno d’identificarci con simboli, segni ed emblemi o superstiziose prosaiche credenze. Essere identificati con un determinato simbolo significa solo che ancora non lo abbiamo compreso appieno. In effetti non ci si può identificare consapevolmente con nessun simbolo perché nel momento stesso in cui se ne diventa coscienti esso è stato trasceso.
Conoscenza
La consapevolezza dei simboli religiosi è conoscenza diretta che travalica tradizioni, cultura, ideologie, per trasmettere intuitivamente la forza degli archetipi logici alla base del pensiero umano. I simboli così recepiti esemplificano la realtà della vita in modo immediato e schematico sostituendo le mordaci parole sul silenzio al docile e mansueto silenzio delle parole.
I simboli rappresentano l’ultimo legame, l’istanza conclusiva con il mondo oggettivo prima d’intraprendere quell’avventura considerata da molti come soggettiva, ma che in effetti trascende, per comprenderle assieme, tutte le dimensioni di questa splendida vicenda chiamata vita.
Meditazione
Allorquando durante i primi esercizi di meditazione il flusso dei pensieri rallenta o s’interrompe, l’ultimo tentativo di razionalizzare la nuova situazione, una delle cui principali caratteristiche consiste nell’assenza degli usuali riferimenti di tempo e spazio, è la rappresentazione simbolica. L’ultimo appiglio o punto di contatto che la mente cognitiva ha, metaforicamente, con il dominio del mondo sino a quel momento conosciuto, è il ricorso a un simbolo. Esso si presenta con una significativa, ma futile impressione sensoriale. Potrebbe apparire come un percorso di accesso, ad esempio un tunnel, un vortice, un’erta scoscesa e impervia o una china ripida e aspra che si trasformano in agevole sentiero, oppure un cancello, un punto di luce, una stella, la figura carismatica del proprio maestro spirituale. Nel contempo, o in alternativa, si potrebbero percepire armonie musicali, profumi soavi, una gradevole sensazione di pace. Al di la del simbolo visualizzato qualunque spiegazione o conclusione diventa mera congettura, banale illazione. I simboli religiosi così recepiti sono la pietra miliare della consapevolezza. Punto di approdo per la conoscenza exoterica e di partenza per quella spirituale.
Epilogo
Identità culturale e identità spirituale, alla fin fine, coincidono sempre.