Diversi anni fa, mentre ero in India come uno dei tanti turisti occidentali dello spirito che all’epoca scorrazzavano in lungo e in largo alla ricerca di una presunta panacea universale, mi ammalai. Ometto la descrizione dei sintomi perché non è questo lo scopo del racconto. D’altra parte ne conoscevo già la causa, una malattia recidiva di probabile origine psicosomatica, ma non per questo meno seria.
In quel villaggio non c’erano medici. L’unico sanitario disponibile si presentava di rado per cui fui condotto da un rispettabile sant’uomo locale, uno Yogi. Il curioso personaggio mi accolse con distacco. Ciò che mi colpi non furono i modi, ma la sua semplice presenza. Ebbene, con l’aiuto di un interprete, gli descrissi il problema e lui, invece di darmi qualche intruglio di erbe o altro mi porse un rotolo di carta in cui erano trascritti alcuni strani versi che pressapoco recitavano così:
Fiocchi di neve eterea, stille di luce, pochi attimi d’amore, un po’ di calma; quindi contempla ciò che non ha voce.
Immagine la “quiete”, sentiti lieve e l’Angelo che brilla – che il Sommo invia a chi gli chiede aiuto – ti verrà rapidamente incontro … per lenire quelle sofferenze causate dalle tue credenze errate.
Sei solo corpo o anche mente eterna? Forse il gabbiano bianco, ma pure l’aria tersa … che senza alcun timore esplora e fende.
Immagina che la bellezza ti circondi ovunque. Non vedi che l’amor ti danza intorno? Seppur leggero come una dolce piuma l’accogli e lo ridai indietro a chiunque ne necessiti … sotto forma di silenzio e di sorrisi, gesti segreti che non riveli mai, ma che sollevano lo spirito del mondo.
Mentre il tuo sé s’innalza verso l’apice … per ricevere il dono che t’attendi, abbi coraggio e non dimenticare … che se sei “lieve” … la luce dell’amor ti guarirà d’incanto.
Dopo che lessi la traduzione mi spiegò, in sintesi: il concetto fondamentale sotteso in questi versi è che la levità di spirito è, essa medesime, guarigione. Poi mi suggerì. “Distenditi, chiudi gli occhi e immagina di essere senza peso. Dimentica per qualche attimo il corpo. Ora sei soprattutto mente. Dopodiché in molti avvertiranno il battito del cuore o il solo respiro, se non ambedue, ma non farci caso più di tanto. Continua a immaginare di essere senza peso.”
Per inciso, successivamente scoprii che il metodo da cui traggono origine queste pur semplici istruzioni è una delle “tecniche per mettervi a vostro agio” suggerita nel Vijñana Bhairava Tantra e spiegata, ad esempio, dallo straordinario Osho: “Quando sei su di un letto o di un sedile, lasciati andare privo di peso, al di là della mente.
Immaginate, dunque, di essere privi di peso, sentitelo e sarete sempre più in contatto, seppur metaforicamente, con il mondo dell’energia di matrice spirituale per eccellenza, quella eterica. In pratica, percepirete la gioia e, purtroppo, anche la sofferenza di chiunque ben al di là delle mere apparenze fisiche. La levità di spirito così conquistata vi consentirà – via via che procederete lungo questo cammino – di essere sempre più disponibili e aperti a quella sorta di luminosità informale implicita presente ovunque e che taluni definiscono prana, la vitalità che veicola il vostro benessere.
“Sono certo che starai meglio”, sentenziò alla fine del nostro breve incontro l’indimenticabile Yogi. I suoi occhi brillavano. Sorrise e dopo una specie di saluto rituale mi sfiorò il petto, pressappoco all’altezza dell’Anahata, il quarto chakra o del cuore. Dire che mi sentii sollevato sarebbe poco. Due giorni dopo stavo meglio di prima; e c’è di più, i sintomi sparirono per sempre. Per quel sant’uomo “l’amore che guarisce” non era un sentimento verso qualcosa o qualcuno, ma una percezione oggettiva come caldo e freddo, altezza e profondità.