73 – Mi sento uno straniero, un pellegrino. O lo sono davvero? Mi suggerisci una tecnica di meditazione?
A proposito del pellegrino. Naturalmente il vero pellegrinaggio è quello interiore. I percorsi fisici ne sono solo un’astuta parodia. Le strategie per distogliersi sono tante, ma la via è sempre presente. La via è qui, in questo luogo, in questo stesso identico momento. Non tergiversare, non procrastinare. “Ora” è il momento giusto per contemplare “ciò che è”, la realtà. Non verbalizzare, rimani in silenzio con quanto ti circonda. L’armonia c’è già, non devi inventarla. L’armonia è qui, come nel silenzio che discende dall’inconoscibile. Tra le pieghe del tempo, come nei sandali consunti di un fiabesco e metaforico, quanto vagheggiato e umile, illustre pellegrino.
74 – Perché bisogna meditare senza attendersi alcun risultato?
Ci sono tante ragioni. La prima, se ti prefiguri un esito l’otterrai, ma non sarà reale. Con l’immaginazione, la speranza, il desiderio, la brama, l’anelito hai creato una situazione fittizia, provvisoria, che sfumerà ai primi tentennamenti, alle prime difficoltà, alle prime luci della più tenue consapevolezza. Il secondo motivo, se attendi un risultato sarai sempre in tensione, incapace di rilassarti. Se nutri aspettative come il risveglio spirituale, una guarigione, … , sarai sempre condizionato dal desiderio. Influenzato dal passato e proteso verso il futuro, ma mai qui, mai ora, l’unico luogo e momento onde riconoscere o realizzare il senso più profondo della propria meditazione, l’unità.