Una cultura provvida, fiorente, non può prescindere da comuni peculiari radici. Ma quali? Un minimo di consapevolezza e le identificazioni selettive, esclusive, svaniscono. La storia non lascia trasparire mai i propri veri moventi. Ma gli uomini si.
Il fluido eloquio di coloro che sanno ci rende perplessi. Si tratta di vere certezze? Cos’è questa conclamata esigenza di attribuire sempre nuove etichette? Che non sia la proiezione di una qualche, pur comprensibile e umana, titubanza interiore?
Suppongo si tratti della solita sfiducia nei propri gregari. Secondo tale antica visione gli uomini avrebbero bisogno di indirizzi solenni e sicuri su cui basar preferenze, operare scelte di vita, soddisfare ponderati e oculati bisogni.
Le nostre vere radici non traggono linfa dalle varie culture che si sono via via avvicendate o esaurite. Tanto meno dalle molteplici formulazioni religiose che, nel corso della storia, hanno animato e distinto la pur sana spiritualità popolare.
Le nostre vere radici sono il riflesso di un volto senza nome, di una bellezza o armonia senza forma; sono il riverbero di una verità mai nata e quindi inestinguibile. Quella medesima verità che, di volta in volta, assume gli aspetti più caduchi e transeunti dei prodighi o manchevoli esseri che animano e popolano questo splendido, opulento e tragicomico regno di vita.
Una verità che dopo aver riconosciuto l’evidenza della propria realtà si riconduce all’origine, ma non prima di aver profuso tracce di gioia, vividi semi di fertile saggezza, strane espressioni di vana inconcludenza.
Cos’è che ho detto? Mai nati, seppure disconnessi, nemmeno cominciati? Come il fiume che sembra concludersi tra le dune di desertica sabbia prosegue ancora imperterrito nel suo corso discreto e sotterraneo per elargire e beneficiare chiunque a prescindere da meriti o convinzioni, così le nostre radici attingono sempre all’inestinguibile fonte d’essenza vitale.
Una sorgente comune a tutti gli esseri che prim’ancora del lignaggio sociale, di colore o linguaggio, di qualunque cultura possano aver subito o acquisito, condividono con gli altri senzienti in questa ricca e opulenta, ma pusillanime valle, ove l’unico segno di regalità è il coraggio di essere se stessi.
L’equivoco sulle proprie radici è causato, presumibilmente, da una conoscenza approssimativa o inesatta della nozione di spiritualità. La maggioranza crede che sia pregare in virtù e osservanza di un determinato credo, ovvero in funzione di un ipotetico mondo spirituale alternativo in cui realizzare, a tempo debito, il riscatto delle proprie frustrazioni, nonché sogni, speranze, desideri.
Le divisioni religiose sostenute, apertamente e volontariamente, dai presunti seguaci di talune fedi organizzate hanno esclusivamente valenze politiche. La spiritualità, al contrario, è innanzitutto convergenza, punto d’incontro, pacificazione reale basata sulla compassione reciproca e non su interessi economici. Ma cos’è la spiritualità, l’afflato verso un Dio in perenne lotta con la sua controparte inferiore e malvagia, oppure una consapevolezza, di se stessi in quanto vita, così realistica e limpida da consentire una visione viepiù chiara e profonda?
Cos’è la spiritualità, l’affermazione di una cultura identitaria, promossa da organismi e persone che usufruiscono o dispongono di cospicui privilegi finanziari, o amore, compassione reciproca, giustizia e verità? Eh, non sono ancora tramontati o affatto lontani i tempi in cui associazioni pseudoreligiose si arrogavano il diritto di essere le uniche rappresentanti del vero, del giusto e del bello.
La via verso una sempre possibile liberazione spirituale consiste, innanzitutto, nel non mentire, nel non essere ipocriti. Amare il prossimo non significa irretirlo condizionandolo metodicamente alfine d’indurlo a identificarsi e credere nei propri miti e simboli. Così come oggigiorno si rammentano con orrore e dolore le innumerevoli vittime innocenti delle tante ed efferate guerre di religione, in futuro taluni attuali antagonismi speculativi saranno visti con fremiti di netto raccapriccio.
Le nostre comuni radici spirituali sono fratellanza, libertà, cultura, uguaglianza, consapevolezza, reciprocità, pluralismo. Cultura spirituale è comunicarsi le proprie realizzazioni interiori, condividerne la conoscenza …