Alcuni suggerimenti sul modo più opportuno di praticare la meditazione. Innanzitutto qualche precisazione prima della lettura, più che altro una distinzione di ordine metodologico: contemplare l’insieme e, di volta in volta, tutto ciò che si avvicenda nello specchio della coscienza, impermanenza compresa, è rivolgere la mente in una certa direzione; concentrarsi è soffermarsi in un solo punto finchè il medesimo non svanisca (meditazione). Seguono alcune considerazioni di Ajahn Chah su “sati”, attenzione consapevole, presenza mentale.
«Finché la mente è calma usatela per contemplare gli oggetti mentali. Contemplate l’insieme di questa forma, il corpo fisico. Potete farlo sempre e in qualsiasi postura: mentre praticate la meditazione formale, quando vi rilassate a casa, fuori al lavoro o in qualsiasi situazione vi troviate. Mantenete sempre l’attitudine meditativa e riflessiva. Mentre fate una passeggiata, anche vedere le foglie morte sul terreno ai piedi di un albero può offrire l’opportunità di contemplare l’impermanenza. Tra noi e le foglie non c’è differenza: quando si diventa vecchi si avvizzisce e si muore. È lo stesso per tutti. Questo significa elevare la mente al livello della vipassanā, contemplare la verità di come stanno le cose, sempre. Sia che camminiamo sia che stiamo in piedi, seduti o distesi, sati è ugualmente e costantemente supportata. Questo è praticare correttamente la meditazione, dovete seguire la mente da vicino, controllarla sempre.
Praticando qui e ora alle sette di sera, siamo stati seduti e abbiamo fatto meditazione insieme per un’ora, e adesso abbiamo smesso. Potrebbe essere che la vostra mente abbia completamente cessato di praticare e che non abbia continuato a riflettere. È un modo di fare sbagliato. Quando smettiamo, dovrebbero cessare solo l’incontro formale e la meditazione seduta. Dovreste continuare a praticare e a sviluppare costantemente la presenza mentale, senza mollare.
Insegno spesso che se non si pratica con costanza, si tratta solo di gocce d’acqua. Gocce d’acqua perché la pratica non è un continuo e ininterrotto fluire. Sati non è sostenuta in modo uniforme. Il punto importante è che la mente pratichi e non faccia altro. Il corpo non pratica. È la mente a farlo, è la mente che pratica. Se lo comprendete con chiarezza, vedrete che non dovete necessariamente sedervi in meditazione formale perché la mente conosca il samādhi. È la mente che pratica. Dovete farne esperienza e comprenderlo da voi stessi, nella vostra mente.
Non appena lo capirete da voi stessi, inizierete a sviluppare la consapevolezza nella mente sempre e in ogni postura. Se state facendo fluire sati in modo costante e ininterrotto, è come se le gocce assumessero la forma di un flusso d’acqua corrente dolce e continuo. Sati sarà presente nella mente di momento in momento e, di conseguenza, ci sarà sempre consapevolezza degli oggetti mentali. Se rendiamo la mente contenuta e composta senza interruzioni mediante sati, ogni volta che sorgono stati mentali salutari o non salutari saprete quali sono gli oggetti mentali che li causano. Conoscerete la mente che è calma e la mente che è confusa e agitata. Praticherete in questo modo ovunque andiate. Se addestrerete così la mente, la vostra meditazione maturerà velocemente e con profitto.»
[ Da: Ajahn Chah, “Insegnamenti”, Edizioni Santacittarama ]
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– https://it.wikipedia.org/wiki/Ajahn_Chah