Una delle problematiche prioritarie, fonte di continue difficoltà esistenziali, è l’illusione di separatezza. Ed ecco il problema di sempre e per chiunque, credere in se stessi, aver fiducia nelle proprie risorse interiori. Jack Kornfield e Joseph Goldstein questionano sul vero impedimento alla propria piena realizzazione: l’accettazione della propria natura effimera. Per inciso, è proprio siffatta peculiare caducità, fugacità, che bisogna riconoscere, ma senza comunque trasformarla in una sorta di vessillo stoico. La nostra vera natura è l’insostanzialità, ma non è accogliendola in guisa acritica che la supereremo, bensì riconoscendola e diventando consapevoli che la propria realizzazione è la consapevolezza di essere parti asincrone di un eterno nulla-tutto.
«Non è facile avere fiducia in sé, credere in se stessi: “Qualcun altro deve saperlo meglio; come posso io avere fede nella mia mente tanto confusa, o avida, o collerica?” Abbiamo paura di guardare per davvero. Abbiamo paura del nostro lato nascosto. A volte ci sembra che se non teniamo sottomessi e sotto stretto controllo tutti i peggiori elementi di noi, ne saremo sopraffatti. Immaginiamo che la purezza debba trovarsi da qualche altra parte.
Ma diamo un rapida occhiata al problema: se non affrontiamo direttamente le difficoltà della nostra vita, vogliamo continuare a fuggire? In quale altro modo possiamo realmente imparare a scoprire un cuore compassionevole se non affrontando le forme più violente dell’avidità e della paura, dell’attaccamento, dell’afflizione e del dolore? Da dove provengono tutte queste qualità che giudichiamo tanto severamente? Provengono da un senso di incompiutezza, di fame e di desiderio, che si fonda proprio sull’errore fondamentale dell’esistenza di un sé distinto da ogni altra cosa. Noi, in tal modo, bramiamo ardentemente di gratificare il sé, di dargli piacere, e reagiamo con paura e con ostilità quando esso è minacciato o non ottiene quello che vuole. Questa reazione condizionata si ripete di continuo. Ma nulla di tutto questo è il nostro vero sé. Tutto quello che si manifesta, si fonda sulla nostra illusione di separatezza, e così siamo indotti a cercare una sicurezza che a sua volta si basa su questa illusione.
Ma quando ci schiudiamo e crediamo alla vera natura delle cose, caduca, non appagante e priva di un sé, si rende possibile tutto un nuovo rapporto con esse. Abbiamo bisogno di coraggio e di fede per guardare a fondo in esso. Riusciamo a scorgere queste tre caratteristiche nella nostra vita, in ogni aspetto della nostra pratica, e a schiuderci a esse? È proprio vedendole che ci risvegliamo. E non c’è nessun sé cui attaccarsi. Noi non siamo separati dalle altre cose, e nulla di noi può essere afferrato. Quando smettiamo di fuggire ciò che si manifesta in ogni istante, la nostra amorevolezza per noi stessi e per il nostro prossimo può finalmente scorrere senza impedimenti. In virtù della nostra attenzione, la brama e l’illusione che oscurano la verità svaniscono, e la nostra vera natura può esprimersi naturalmente e stupendamente. Se ci schiudiamo alla profonda accettazione della natura caduca, non appagante e insostanziale di tutte le cose, potremo raggiungere una sorta di appagamento. Smetteremo, allora, di nasconderci senza nemmeno sapere bene perché. Non ci sarà più la debolezza di sostenere le nostre pretese; non ci sarà più lo sconforto di un infinito bisogno. Al posto di tutte queste cose si avrà, invece, la capacità di accettare e la sapienza che abbiamo ammirato in tante altre sagge persone. E, con assoluta naturalezza, si avrà anche un cuore amorevole e compassionevole. Tutto ciò è la diretta espressione di una vita vissuta in armonia con queste semplici verità.»
Da: Jack Kornfield, Joseph Goldstein, “Il cuore della saggezza. Esercizi di meditazione“
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