Nel silenzioso santuario della mente, dove i pensieri danzano liberamente al ritmo del nulla, si svela l’arte della meditazione. Non è un ascoltare attivo, ma un udire passivo, dove i suoni emergono dal silenzio senza sforzo, senza nome. È un vedere senza cercare, dove la luce e il colore giocano con gli occhi come fossero pennellate di un’opera d’arte in continuo divenire. La contemplazione, in questo spazio sacro, non è un traguardo ma un viaggio senza ricerca di risultati, dove ogni visione estatica e ogni stato di coscienza sono accolti ma non trattenuti. La vera azione libera nasce dall’intelligenza dell’organismo, come il fiore che sboccia spontaneamente, senza il comando di un “io” astratto. In questo processo, ci si libera dall’eccesso di sforzo, permettendo all’energia vitale di fluire inarrestabile, come un fiume che segue il proprio corso naturale.
(Qui parla del praticante in meditazione) “Uno non ascolta – ma semplicemente ode tutti i suoni che stanno emergendo dal silenzio, senza fare alcuno sforzo per collocarli o identificarli. Così pure, uno non guarda, ma solo vede la luce, il colore e la forma giocare con gli occhi, come se anch’essi emergessero momento per momento, dal vuoto. Similmente i pensieri sono trattati: allo stesso modo dei suoni e, se sorgono, sono semplicemente osservati nel loro andare e venire senza (formulare) commento, «ascoltandoli» allo stesso modo che uno ascolterebbe il cinguettio degli uccelli sul tetto. […]
È possibile che durante la contemplazione vi sia il sorgere di visioni o di stati estatici di coscienza, ed è una tentazione naturale il pensare ad essi come al fine della contemplazione. Tuttavia, il tentativo di prolungare questi stati, o di riconquistarli quando stanno scomparendo, è come contrarre i muscoli facciali per vedere chiaramente, ed è uno sforzo per interrompere il flusso naturale di quanto sta accadendo ora. […] La contemplazione cessa non appena vi è una qualsiasi ricerca di risultati. […]
Noi abbiamo imparato, per lo più da bambini, a esercitare un atto di vigore facendo cose che richiedono vigore. Eppure lo sforzo di fare sforzi, essendo sovrabbondante, nuoce all’impiego dell’energia muscolare, poiché questi sforzi diventano sforzi contro lo sforzo, ostacoli autoimposti. È come se, tirando, i tricipiti lavorassero contro i bicipiti. Quando questo sovrabbondante impiego di sforzo scompare, diventa ovvio che le decisioni di fare questo o quello, e le conseguenti azioni fisiche, accadono da se stesse come ogni altra cosa.
L’operazione libera infatti non è di certo causata da un «io» puramente astratto. Essa sorge dall’intelligenza totale dell’organismo, allo stesso modo dello sviluppo del cervello o della digestione del cibo, e richiederà l’impiego del ragionamento consapevole nelle situazioni in cui il ragionamento sia uno strumento appropriato”.
[ Da: L’arte della contemplazione di Alan W. Watts ]
– Alan W. Watts (macrolibrarsi)
– Alan Watts (amazon)
– Alan Watts – Wikipedia