Qual è il vero motivo per cui la meditazione ci aiuta ad affrontare con maggior leggerezza l’incredibile pletora di difficoltà, contrattempi e contraddizioni che la vita quotidiana così sollecitamente ci dispensa? E’ una domanda che si pongono in molti e, puntualmente, ne attribuiscono il merito alla sensazione di calma relativa che la suddetta pratica ci procura. In realtà non si tratta di un vero incremento della propria capacità di sopportazione – o, adoperando un altro termine divenuto oggigiorno piuttosto consueto, della specifica resilienza –, tantomeno di una qualche forma di miracoloso distacco. La verità è che il focus dell’attenzione soggettiva non è più rivolto esclusivamente all’esterno. La consapevolezza converge in direzione di un verosimile centro. Accade così che si cominci a osservare l’ambaradan degli accadimenti quotidiani dall’alto di questa nuova sorta di realizzazione. E’ ovvio che la periferia ci appaia ora molto meno coinvolgente, forse anche un tantino più sfumata … D’ora innanzi, con il prosieguo della meditazione, colui che osserva sarà comunque preponderante? I paesaggi esistenziali si avvicenderanno come di consueto, ma nulla sarà più alienante come prima. Bene, addio agli antichi sussulti, non ci sarà nulla che riuscirà a farti dimenticare del tutto te stesso, le difficoltà, per quanto presenti e ridondanti, non riusciranno mai più a sopraffarti. Vi sembro eccessivamente ottimista? Può darsi, ma ora leggiamo come si crogiola nell’argomento Christina Feldman …
«La tolleranza non sempre riesce facile, ma l’intolleranza non è altro che l’abitudine alla paura. Forse non siete convinti di poter sopportare le perdite e le sofferenze dispensate dalla vita. L’abitudine di proteggere se stessi contro i pericoli e i disagi reali o immaginari si fa sempre più radicata. A volte si dice che un quarto della sofferenza della vita è reale e inevitabile, mentre i restanti tre quarti nascono dal tentativo di evitare il primo. A nessuno di noi piacciono i disagi o le difficoltà, ma la briga che ci prendiamo per evitarli è spesso notevolmente sproporzionata rispetto all’effettiva realtà dell’esperienza. Diventiamo sempre più intolleranti man mano che cresce la nostra paura del dolore. Crediamo di non poter sopportare una parola sgarbata, un momento di delusione, dei morsi di fame passeggeri, un momento d’angoscia. Ci tiriamo indietro di fronte alla disapprovazione dell’altro, evitiamo situazioni che minacciano di disturbare la calma che abbiamo conquistato a caro prezzo. Non tolleriamo la noia, convinti che la vita dovrebbe offrirci di continuo esperienze interessanti. Crediamo di essere fragili, e quindi ci accostiamo alla vita con trepidazione ed ansia. Quando smarriamo la fiducia nella nostra forza e fermezza, il mondo sembra pieno di pericoli.
Se volete trovare l’ampiezza di cuore che è in grado di abbracciare anche le più orribili situazioni di dolore e crudeltà, dovete iniziare a stabilire un rapporto con lo spiacevole. La saggezza e la compassione non sono espedienti per risolvervi la vita, per assicurarvi che sarete esposti solo a persone ed eventi piacevoli. Tutti abbiamo una certa misura di dolore in questa vita. Non vi si chiede di farvelo piacere, ma di imparare cosa vuol dire restare saldi e perseveranti nel mezzo delle difficoltà e delle sfide. Nella confusione nata dalla paura, potete iniziare a credere di avere in qualche modo il diritto di restare indisturbati. I vostri livelli di tolleranza possono essere notevolmente bassi, la vostra capacità di pazienza limitata.
Il campo di addestramento della compassione comincia non con la pretesa di abbracciare i più acerrimi nemici o le più intime paure, ma con la disponibilità a restare quieti e immobili in mezzo alle piccole violazioni e irritazioni che fanno parte della vita di tutti. Dovete aspettare in fila al supermercato mentre la persona davanti a voi cambia un intero portafogli gonfio di buoni, qualcuno vi rivolge la parola in tono sarcastico, il vostro momento di relax viene disturbato da un tizio che cerca di vendervi qualcosa che non volete, qualcuno vi fa aspettare: la vita offre continuamente innumerevoli occasioni di risentimento. Spesso non vogliamo accettare neanche l’eventualità di essere disturbati. Il nostro equilibrio a volte sembra davvero fragile, a rischio di essere rotto dalla minima traccia di spiacevole.
Potete scartare simili momenti come irrilevanti, ma in realtà sono proprio i momenti in cui imparare qualcosa sull’equanimità e la pazienza. La tolleranza non si costruisce in una notte; come l’educazione di un bambino, richiede perseveranza e dedizione, anche di fronte alle scenate e agli insulti. Le situazioni in cui l’equanimità e la tolleranza muoiono con più facilità sono al tempo stesso quelle in cui vi si chiede di abbracciare ed apprendere l’autentica essenza della tolleranza. Shantideva insegnava che non c’è assolutamente nulla che la familiarità non renda più facile, e che acquistando familiarità con le piccole offese si può imparare ad abbracciare offese più grandi.
La pratica della meditazione è un addestramento alla tolleranza, alla pazienza e all’equanimità. Imparate a sedervi come una montagna, ad essere immobili e ricettivi in ogni circostanza felice o triste, di salute o malattia. Il ginocchio vi dà il tormento, oppure la mente è non collaborativa, e riuscite a percepire il sorgere di una reazione di fuga: volete scappare e abbandonare la difficoltà. Eppure in simili momenti imparate ad abbracciare anche quella reazione senza lasciarvi dominare da essa. Si suppone che, coltivando la compassione, incontrerete la vostra paura del dolore. Imparate ad essere risoluti e immobili, consapevoli che la prima pietra nella costruzione della compassione è la semplice disponibilità a continuare a fare atto di presenza per tutta la vita. Questa disponibilità vi insegna che non sarete distrutti dall’esposizione al difficile o allo spiacevole. Scoprite un autentico equilibrio interiore e una sensibilità che è in grado di accogliere le difficoltà senza esserne sopraffatta.»
[ Da: Christina Feldman, “Compassione. Ascoltare le grida del mondo“ ]
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