Chi siamo, donde proveniamo, qual è il vero rilievo dell’ego nel gioco cosmico che ci condiziona, ma non ci confina? In effetti, comunque la si pensi, siamo in simbiosi con l’intero universo. Di più, come affermarono già diversi maestri spirituali in svariate occasioni, il nostro corpo è proprio l’universo. Certo, occorre realizzarlo, ma quando accade, al di là delle affermazioni, perentorie o sibilline che siano, ogni identità fittizia e provvisoria si ritira nel suo cantuccio di origine e cede il passo alla consapevolezza di sé. Praticare lo zazen senza oggetto è una possibile chiave per risolvere ciò che comunque non ammette spiegazioni. Chiaro? Un sorriso, leggiamo Roland Yuno Rech …
«Un antico Buddha aveva detto: “L’intero universo è l’autentico corpo dell’uomo. L’intero universo è la porta della liberazione. L’intero universo è l’occhio del Buddha Vairocana. L’intero universo è il Corpo del Dharma, del sé”.
Praticare zazen, venire a una sesshin, significa dare a questo autentico corpo la possibilità di realizzarsi. Il nostro autentico corpo non è separato da tutto l’universo. Tutti gli elementi che lo costituiscono provengono dall’universo intero. Al momento del nostro concepimento due cellule si sono incontrate, sono state nutrite, hanno ricevuto energia, si sono moltiplicate. Un essere umano è apparso e abbiamo preso a prestito dall’universo intero tutto quanto ci costituisce: nulla ci appartiene, tutto ci è stato prestato per un momento. Se realizziamo questo concetto anche per poco, lo spirito limitato dell’ego può allentare il suo dominio sul nostro modo di vivere. L’intero universo diventa il nostro corpo autentico, il nostro corpo è al di là di ogni dimensione, del grande, del piccolo.
Possiamo realizzare in zazen questo spirito che non misura: è quanto chiamiamo la coscienza hishiryō, che non paragona, che non calcola. Armonizzandoci con lo spirito di zazen possiamo finalmente oltrepassare la porta della liberazione, diventando intimi col nostro vero spirito, che non giudica, non paragona, non calcola, non crea opposizioni. Molti diventano infelici perché passano il tempo a giudicarsi, a paragonarsi agli altri, a un ideale precostituito. Oltrepassare la porta della libertà significa smettere di misurare, di giudicare, ma vedere solamente ciò che è, renderci conto ad ogni istante che non siamo prigionieri, che siamo noi stessi a porre, là dove si trovano, i limiti che riscontriamo.
Quando questo antico Buddha parla dell’universo intero non parla delle miriadi di galassie, non parla di una quantità dalle dimensioni fisiche, ma parla dell’esperienza stessa di zazen, di uno zazen cosmico, uno zazen nel quale non siamo più diretti dai nostri pensieri personali. E’ molto difficile oltrepassare la porta della liberazione. Se ci accontentiamo semplicemente di praticare zazen senza oggetto, senza pensare all’universo intero e alla liberazione, allora la porta è superata inconsciamente e naturalmente. In realtà non esiste nemmeno la porta, poiché tutto il mondo è libero originariamente. Questo antico Buddha diceva: “L’intero universo è come l’occhio del Buddha Vairocana”. Questo significa che lo spirito di zazen risplende in tutte le direzioni, che questa visione di zazen non crea dualità, non assomiglia all’occhio umano ordinario che crea ovunque oggetti. Al contrario, è l’occhio che permette di comunicare con tutto l’universo.
Questo antico Buddha diceva che l’universo intero è il Corpo del Dharma, il nostro autentico Sé. Realizzare questo autentico Sé è il desiderio costante di tutti gli esseri umani. Finché non lo si realizza non si può essere in pace, ma ci si dirige in molteplici direzioni ignorando il nostro vero bisogno. Il ruolo dei Buddha che appaiono in questo mondo è proprio di consentire agli esseri umani di vedere questo bisogno e di poterlo realizzare. Spesso, durante la sesshin, nel corso della pausa per il caffè, alcuni hanno detto: “Talvolta sento il bisogno di smettere zazen, ma qualcosa mi spinge a ritornare nonostante le difficoltà”. Ciò che ci spinge è quella forza che chiamiamo bodhaishin, lo spirito del Buddha che ha bisogno di realizzarsi, che lo si sappia o meno.
Dal momento che avete avuto la fortuna di incontrare la Via, che permette di realizzare “la propria Via”, il proprio autentico spirito del Buddha, nonostante i dubbi che talvolta possono apparire, non lasciate sfuggire questa fortuna, non dubitate, continuate zazen.»
(Sesshin di L’Arche diretta dal Maestro Roland Yuno Rech, Yui Butsu yo Butsu – Da Buddha a Buddha, Capitolo dello Shōbōgenzō del Maestro Dōgen, Domenica 28 maggio 1995, kusen delle 11:00)
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– Roland Yuno Rech — Wikipédia (wikipedia.org)
– Sesshin – Wikipedia
– Fonte