“La pioggia, poi la neve e infine quegli azzurri coriandoli di sole …”, esclamò estasiata la rana zen mentre ammirava il panorama che la sua fervida fantasia le consentiva d’immaginare.
“Sì, ma non vedi che qui, come peraltro altrove – intorno, nell’immediato, – è tutto fermo, mentre di fatto, là fuori, c’è un gran fermento? E a che pro contemplare o come in molti oggidì credono meglio, osservare con relativo distacco?”, soggiunse in vena di eclettici voli pindarici.
“Comprendo, e dimmi, è per questo che sei qui?”, le risposte l’aria tersa che quel mattino le faceva da maestro.
“Ora medito davvero”, si decise – concludendo il suo soliloquio – il neo anfibio di sempre. Sennonché i suoi pensieri si ritrassero. Svanì persino quel briciolo di compassione che la contraddistingueva di continuo. La rana non cercò più, non chiese, non mendicò, non pregò, non si aprì, non accettò … fissò solo il non-essere, che non era suo, semmai di chiunque si rendesse finalmente conto delle sue effettive possibilità.
“Sono stanca del qui, dell’ora, dove ci sono sempre io che mi dimeno, che mi arrabatto e mi camuffo di tutto e di più per scongiurare la visione dell’unica realtà possibile che ora come ora sussiste, ossia il mio intramontabile ego”, rifletté l’anfibio. “All’essere seguirà sempre l’ego. D’ora innanzi contemplerò solo il non-essere, dopodiché vedremo”.
I giorni trascorsero uniformi. Le creste del tempo, quegli apici umorali d’inarrestabile gioia o di sconfortante tristezza sparirono. Ciò che rimase era una semplice calma piatta che, tuttavia, si rivelava oltremodo noiosa. Proseguire così sarebbe stato del tutto deprimente, senonché … Dopo il tempo impiegato a contemplare il non-essere, tutto ciò che non poteva nemmeno sussistere, ricomparve Dio, la vita … e i giardini rifiorirono, e le stelle ribrillarono di nuova luce come se si fossero, esse medesime, risvegliate.
“Già, siamo sempre convinti che solo gli umani possano risvegliarsi per emulare gli Dei, ma dimentichiamo che tra gli oggetti relativamente inanimati e quelli animati esiste solo un differente stato di coscienza, fino all’autocoscienza dei maestri più illustri quali Siddharta Gautama, Krishna, il Cristo e gli altri numerosi Buddha che la tradizione ci ha, così benevolmente, tramandato”, pensò tra sé e sé la rana.
“Non sembro un po’ protocollare? A volte mi sento un libro scritto”, si disse poi. Quindi abbandonò tutti i testi, le “sacre scritture” del mondo. Avevano già fatto uno stupendo lavoro. Avevano servito la Verità senza pretendere nulla. Certo, qualcheduno si era un po’ confuso e aveva cominciato ad adorarli, ma tant’è, gli idioti pullulano dovunque. Sicché la rana sedette e, dopo aver voltato le spalle a tutta la sua pregressa cultura, al cosiddetto sapere … Sapete che fece? Ebbe la felice idea di abbandonare persino se stessa …
“Ora basta, altrimenti me li confondi”, suggerì l’immancabile gatto.