Mi apparve d’improvviso, una sorta di flash semi-intangibile che non si basava su nulla, stava lì senza motivo. Ma quando il mio iniziale stupore si trasformò nell’ansia di perderlo, quell’agitazione lo dissolse come se nulla fosse.
– “Maestro, Dio è personale o impersonale?” chiese la rana zen al precettore con cui meditava quel dì.
– “Ok figliola”, rispose con fare insolito lo strano venerabile, chi è che guida o dirige la nostra meditazione? Rispondi prima a questo.”
La rana si sentì frustrata. “Ma guarda un po’ che astuto”, pensò. “Pur di cavarsela, ora si mette a fare il filosofo”.
– “Ti aiuterò”, soggiunse dopo un attimo – quasi leggendo il suo pensiero – il maestro. “Qual è la mia funzione? Ma non rispondere subito, pensaci qualche ora”.
Si fece sera. Mentre la rana zen, assolte le incombenze quotidiane passeggiava – una sorta di meditazione camminata – nel vialetto cosiddetto senza-fine, ma solo perché era circolare, posò lo sguardo sull’umile statua dell’onnipresente Buddha. All’improvviso, intuì subito ciò che cercava.
– “Maestro, credo di aver capito”, affermò – prendendo la parola – alla fine della seduta del mattino successivo. “La meditazione non è guidata da nessuno. Tu sei come il Buddha in pietra, fungi solo da catalizzatore. Il tuo silenzio, la tua calma, la tua presenza ci contagiano.”
– “La tua risposta è accettabile”, sorrise compiaciuto il monaco. “Ma ora dimmi, Dio è personale o impersonale?”
Stavolta la rana zen sorrise di gusto, si alzò e andò via.
– “Se ne contempli l’idea è personale”, rifletté il gatto del Tempio, “ma se ne hai sentore e ci pensi su e ti agiti, svanisce, te lo ritrovi dietro le quinte”.