Le parole le ho trovate un po’ per caso. Sono scese – o risalite – da un bel nulla. Mi diletto ad attender quell’insight misterioso che non so donde provenga, ove vada, a cosa miri. Sta di fatto che poi il panorama si tinge di nuovo. L’umore muta in meglio. La meditazione ha sortito il suo effetto. Spirali di eccentriche volute, rondini-pensiero che si contraddicono di continuo. È proprio come le nostre stesse speranze. Cos’è che fai se non tirar dritto, innanzi, verso un miraggio che si sposta di continuo? Sicché sei straconvinto che la gioia o la tua realizzazione siano sempre un passo più avanti. Anzi, a volte posponi perché credi che ci sia ancora tempo. Ma è solo un modo per non ammettere che sono inafferrabili. Già, perché quel tipo di libertà, di risveglio, non è affatto un po’ più in là. Come puoi esperirla se ti protendi sempre al futuro mentre, in concreto, è stata sempre qui?
Sempre qui
La pioggia che discende all’improvviso:
piuttosto che sentirne la frescura
l’avverto soprattutto come amore.
E con ciò?
Credi forse ch’enunciando qualche verso
salterai, direi a piè pari, l’ignoranza?
Orsù, tendi quel braccio.
Poi a ridosso dello stipite malfermo
lascia perdere il tuo orgoglio claudicante
quindi attendi con più calma che le gocce
si distendan sulla pelle che le accoglie,
sulla pelle che sorride ad ogni tocco.
Beh, lo vedi che il mio mondo è movimento?
Senza andare, né tornare
è sempre qui.