Una poesia volatile. Mi sa che una così non l’avete mai sentita. Una poesia pressappoco volubile e senza limiti. Quattro versi sparuti con l’intenzione, sinceramente amabile, di: ammaliar quelle gote un po’ smunte, tinteggiar quei profili un po’ pallidi, addolcire quegli occhietti un po’ stanchi … che hanno visto di tutto tranne che la gioia di rinvenir sé stessi laddove non avresti mai … pensato o creduto o voluto, ma nemmeno, finanche immaginato.
Le stelle dell’amore
La china che in principio ritenevi lieve
all’improvviso si è fatta un precipizio.
Non puoi temporeggiare, non più procrastinare, perfino illuderti.
E mentre il vento sibila tra le ante malmesse
ti accorgi che oramai sei quasi un vecchio straccio
che scrive versi, ma solo per sé stesso.
Socchiudi gli occhi e pensa al tuo più antico amore.
Lo vedi come muta il panorama?
Da quel viandante teso e ora un po’ dismesso,
ritorni nella calma di chi è certo
che il mondo si chinerà ai suoi piedi
al solo ed imprevisto benefico fantasma
dell’alba che risorge gioiosa e sfavillante,
così luminescente da non sparire più.
La mente ha il suo potere, sicché credi
che il buio sia divenuto luce
e tu che arranchi tra mille e uno affanni
ritorni un vincitore che non si ferma più.
Un vincitore lieve, ma che ha sconfitto l’odio
di chi vorrebbe emergere a scapito degli altri.
Ebbene, prima di chiudere questa sequela ondivaga
un bacio sulle guance di chi non ha più nulla.
Resta con noi assorto
nel tuo silenzio intenso
e col frastuono calmo
del tuo sorriso mesto.
Noi vi saremo prossimi,
è sopraggiunta l’ora
di ridonare il mondo
a chi lo condivide.
Gli altri, i feroci, le belve accentratrici,
rimarranno di stucco quando
vedranno inebetiti assurgere agli scanni
la stella del mattino, la luce dell’amor.