Chi siamo? Le risposte sono ovviamente tantissime, dalle più scontate e spontanee a quelle particolarmente pretenziose. Sono un pensiero volitivo, o una forma tangibile particolarmente concreta? Le congetture si susseguono – c’é chi, a tal proposito, ha scritto libri su libri – finché non ti accorgi che è tutto inutile, finché non ti rendi conto che stai tentando di descrivere la tua coscienza medesima, una causa persa in partenza. Ciò che ti rimane è la meditazione – che di per sé non dà risposte –, ma non puoi parlarne sempre, quindi la sottintendi. Ciò che ti rimane è l’amore per la luce e la chiarezza, l’amore per la natura e tutte quella miriade di verosimili e minuscoli dettagli che ti circondano dovunque vada, qualunque cosa creda.
Come lo chiami?
Sara, sarà che non esisti,
sarà che l’effluvio non c’è,
è stato un sogno,
un sogno a occhi aperti
senza né capo né coda.
E tu che inventi frottole
e poi ci credi
attento che c’è il ciglio
oltrepassato cui il bel pensiero
non ti sorregge più.
Come lo chiami?
L’idea, l’immaginifico,
non ti sforzar però di dargli vita,
ché la realtà non è così complessa,
non è, non è comunque
ciò che vorresti fosse.
Come lo chiami?
Lo chiamo il bel coniglio,
colui che teme persino la sua ombra
e inventa favole
che lo consolino,
favole o storie nelle quali credere,
storie che poi definisce fede.
Come lo chiami?
Lo chiamo il bel consiglio,
un po’ di cielo azzurro e d’aria pura,
la chiara-mente che diventa blu.