Il vuoto non è un’entità negativa, quindi da non confondere con l’inesistenza. Si tratta solo di una semplice assenza, di uno spazio autonomo, affrancato, apparentemente incoerente. È come una cavità ricolma di nulla, ma pronta e disponibile ad accogliere come a elargire, a ricevere quanto a donare. Quando i pensieri si diradano o il loro flusso rallenta sopraggiunge una pausa, una discontinuità e un ordine a cui non siamo abituati e che viene interpretato come vuoto. Possiamo dirlo silenzio? Sarebbe meglio indicarlo come distanza dal consueto frastuono che permette di percepire … l’armonia dell’inaudibile. Basta predisporsi, essere più attenti, pazientare, ascoltare …
Non c’è nessun vuoto da mettere a fuoco. Il cosiddetto vuoto è solo la sensazione iniziale che si prova quando ci s’inoltra in un territorio inesplorato come quello della propria interiorità, oppure è una percezione dovuta alla scoperta della vera natura del proprio ego che alla luce di questa ricerca si dimostra inconsistente. Meditare sul vuoto equivale quindi ad acclimatarsi con la propria natura più intima che, ovviamente, non è composta da oggetti tangibili, ma – con una certa approssimazione – da pura energia. Ciò che dapprincipio sembra assenza si rivelerà ben presto il suo opposto, ossia presenza, perentoria presenza di spirito. Qualora ti capitasse di soffermarti spontaneamente in quest’ambito rimani eventualmente ancorato al flusso naturale del tuo respiro. Non attenderti risultati immediati. Tuttavia, con il tempo quel riposo, quella quiete, ti renderanno più vitale.