Ricominciamo con una nuova serie di … “Passi sulla via della meditazione”. Ma prima ecco una breve, pressoché lapidaria perifrasi … Ricominciare è un’arte che richiede coraggio, speranza e determinazione. È la capacità di lasciare andare il passato e di aprirsi al futuro con fiducia e curiosità per riuscire a cogliere ciò che conta davvero, l’attimo, l’istante … E come si coglie il momento, l’eternità in un baleno? È sufficiente vivere appieno, con audacia e fermezza il presente? I nostri non sono percorsi alternativi, ma itinerari di meta-ricerca che, com’è ovvio, confluiranno, prima o poi, lungo i sentieri del silenzio creativo, della meditazione sempre e comunque, della meditazione tout court (senza preamboli), della consapevolezza. Beh, forse s’intuisce già che non scrivevo da molto … Leggiamo dunque l’ennesima frase o aforisma che mi sembra utile commentare.
“Quando la mente si ritrae dal pensare ossessivamente, dal preoccuparsi invano e dal recriminare, vi sembrerà di aver trovato un rifugio. Avete un posto sicuro dove andare, ed è dentro di voi. (Sharon Salzberg)”».
Il mio primo nobile pensiero
La frase esprime un messaggio di speranza e d’incoraggiamento per chi cerca la pace interiore attraverso la meditazione. L’autrice, Sharon Salzberg, è una nota insegnante di meditazione buddhista che ha scritto diversi libri sull’argomento. La citazione suggerisce che la fonte della sofferenza è spesso legata al modo in cui ci aggrappiamo – con cui ci identifichiamo – ai nostri pensieri negativi, che ci impediscono di vivere il presente con serenità e consapevolezza. L’asserzione – perché di ciò sostanzialmente si tratta – invita a liberarsi da questi pensieri e a scoprire il potenziale di guarigione e di felicità che esiste dentro ognuno di noi. La frase implica anche che la meditazione non è una pratica riservata a pochi eletti, ma una possibilità accessibile a chiunque voglia imparare a conoscere sé stesso e a coltivare l’amorevolezza verso gli altri. Sin qui, semplice …
La nostra umile, ma preponderante opinione
Se finanche un nobile pensiero – percezione diretta, contemplazione, presenza – il pensiero nobile non è mai un giudizio (Pierre Lévy) – quale quello testé riportato – riesce a districarsi tra gli imponderabili e relativi costrutti della non-mente (la mente della meditazione), perché non dovremmo riuscirci anche noi, poveri esseri pseudo-senzienti alla ricerca di ciò che, per sua natura, sfugge sempre? Il rifugio che, con il solo ed estemporaneo aiuto dell’introspezione, anche la più informale possibile, ci offre siffatta pratica di meditazione, è il proprio sé più recondito, quello che taluni intendono come il non luogo, ossia il vuoto per eccellenza, mentre talaltri lo considerano l’alveo in cui si cela la divinità. O la dualità?
In effetti siffatta nobile sensazione nasce quando si smette, spontaneamente d’identificarsi con questo e con quello e l’unica alternativa possibile rimane una sorta di centro di gravità dinamico, quanto invariabile, attorno a cui ruotano loro malgrado tutte le forme di esistenza. Tu non sei più né questo pensiero, né quella specifica sensazione … e anche se li abbracci entrambi ne rimani sempre distaccato. Vivi l’amore, come la compassione e ogni vicenda ti accada, ma sai già che non è la tua – tu sei solo un’occasionale comparsa, nulla di più che un attore –, ed è proprio per questo che è degna di essere esperita. Non essere dunque ossessivo, non soffermarti troppo sulle medesime istanze, procedi con il cipiglio dell’esploratore, di colui che osserva sempre, ma senza che tenti di appropriarsene, e il mondo intero … t’ignorerà comunque. Immaginate un sorriso.
Epilogo
Per concludere, aiutati, con uno qualunque dei numerosi escamotage che favoriscono la meditazione – vedi ad esempio il respiro consapevole – a trovare davvero te stesso e, miracolo, per quanto tu possa sentirti irrilevante o insignificante, di fatto avrai rinvenuto … ma prova, socchiudi gli occhi e persevera.