Dire meditazione, spiegarla, è semplice. Seguire determinate istruzioni, quindi praticarla, altrettanto. Me le vie che l’energia suscitata da questa benedetta pratica poi intraprende sono, purtroppo, imprevedibili. Come ovviare? Come disciplinare un fenomeno di per sè incontrollabile? Questa situazione dipende essenzialmente dal fatto che le svariate tecniche, ossia i molteplici approcci, non agiscono sul medesimo piano, alla stessa profondità, o se preferite, levatura spirituale.
Se ne parlo è sia per esperienza diretta che sulla base dei resoconti di svariati meditanti. Ad esempio, anni fa riscontrai che i metodi relativi all’osservazione del respiro, a lungo andare, dopo le prime fasi di calma, sollecitavano così tanto quell’energia psicofisica che taluni definiscono Kundalini da provocare stati di un certo – seppur relativamente lieve e transitorio – malessere. Ora, è vero che per elevarsi – metaforicamente – alle più alte vette dello spirito capita di dover esperire situazioni di vera e propria sofferenza, ma non è una regola fissa, in altre parole, si può evitare. Quindi, per raggiungere un soddisfacente stato meditativo senza incorrere nei suddetti inconvenienti mi accorsi di dover agire sempre sul piano complessivo mente-corpo, senza tralasciare, dunque, l’esercizio fisico. Com’è mia consuetudine – non sto inventando nulla – mi rifaccio sempre a metodi religiosi tradizionali.
Meditazione
Ciò che mi permise di meditare furono questi appunti: una buona meditazione è: riposa in te stesso. Assumi una posizione consona. Ti accadrà di: non pensare quasi a nulla; osservare spontaneamente il respiro, ossia qualunque altra situazione si presenti da sè; e, quindi, qualunque pensiero o circostanza ti sovvenga continua a rilassarti sempre di più; ora non sei più il corpo, non sei la mente, ma uno spirito libero, sei pura consapevolezza. A questo punto scegli l’elemento più preponderante tra quelli che si sono presentati così spontaneamente alla tua sfera di coscienza. Potrebbe trattarsi di una sensazione o, come accennato prima, del respiro. Ebbene, trasformalo in elemento primario d’attenzione mentre tutto il resto farà, pur sempre, da corollario.
Ora, restringi ancora il campo e focalizza soprattutto il suo andirivieni. Se la concentrazione dovesse superare un certo livello potrebbe schiudersi una sfera di coscienza inusita che la tradizione indica come turiya, o quarto stato della mente… Ma in questo esercizio, che è soprattutto di rilassamento, non è necessario arrivare a questo punto. Non appena comincerai ad avvertire che il rilassamento interiore ti coinvolge sempre di più rimani un po’ con questa sensazione. Dopodiché non posso descriverti più nulla. È vero, accadrà una centratura, ma i risultati saranno diversi per tutti. Cammina per un periodo almeno doppio a quello trascorso da fermo.
Epilogo
I risultati non possono essere spiegati così, su due piedi, ma sappi che in realtà è solo una via naturale, un sentiero che tenta di ricondurti a un modus vivendi più consono alle tue antiche origini, alle tue radici. Tutto ciò che ti è stato sovraimposto dopo evaporerà come un velo d’umidità alla splendida luce del sole. E tu leviterai tra i mille e uno sterminati prati d’erba verde, primule e libertà. Rammenta, infine, che la meditazione è rilassamento consapevole, senza rilassamento non c’è meditazione