– From: – Arci
– Subject: – Re: Newsletter di Meditare.it
Quesito
Ho 37 anni ed attualmente vivo a Cagliari. Ho intrapreso il percorso spirituale-meditativo un paio d’anni fa’, forse un po’ tardi per riuscire a distanziarmi appieno dall’esistenza materiale di questa società.
Purtroppo non riesco a vivere, totalmente e continuativamente, la mia interiorità spirituale. Mi sento sempre “distratto” dalle cosiddette responsabilità della vita moderna.
Mia moglie non vuol sentire nemmeno parlare di queste cose. Pochi mesi fa abbiamo avuto una figlia meravigliosa. Desidererei che intraprendesse il percorso spirituale fin da piccola, ma probabilmente, distratta dalle mille luci della civiltà moderna, non accadrà.
Pur non disperando sono frustrato dalla mia incapacità di realizzazione interiore. Questa strada è stata ormai imboccata, ma temo che un domani le mie odierne intuizioni potrebbero inevitabilmente sfuggirmi.
Cito da un tuo articolo: “Con ciò non voglio dire che la via spirituale sia semplice, tutt’altro, ma se riteniamo il suo percorso arduo allora lo sarà senz’altro”.
Forse sto cogliendone “troppo” i lati negativi?
Gradirei un tuo commento. Grazie.
Risposta
Arci, non esiste un presto o tardi. Quello spirituale non è un mondo avulso rispetto alla cosiddetta vita ordinaria. La vita è sacra nel suo complesso, su questo penso che possa convenirne chiunque. In effetti si tratta semplicemente di non identificarsi eccessivamente con i consueti accadimenti, evitando di sentirsi coinvolti in continuazione, anche mentre non si agisce, cioè durante i propri momenti di relax, allorquando ci si svaga e ricarica spontaneamente. A tal proposito rassicurerei subito i tuoi cari perché è inutile differire o evitare le responsabilità “mondane” o “secolari” per favorire quelle spirituali. La propria comprensione – perché di questo sostanzialmente si tratta, anche quando l’afflato trascendentale sembra esser divenuto impellente – si amplia e diviene via via più profonda e pertinente proprio mediante lo specchio degli occhi di coloro che ci sembrano gli altri, ma che sono una vivida parte della nostra consapevolezza.
Per approssimarsi alla spiritualità bisognerebbe propendere, innanzitutto, per l’equilibrio. Quindi, favorirne le istanze in modo creativo e innovativo. Fissare un obbiettivo, una meta, e tentare di realizzarla momento per momento, secondo ritmi naturali. Ma senza cercare di continuo eventuali, quanto improbabili riscontri. Infatti, se il contadino dissotterrasse il seme per controllarne la germinazione, non ne favorirebbe certo lo sviluppo, semmai potrebbe accadere il contrario. Eppure un bel giorno, tutto in un attimo, ecco quel bocciolo di vita schiudersi e rivelare l’insondabile, l’inesplicabile. Fioriranno e si espanderanno, la contentezza quanto la gioia, ma senza che, apparentemente, si sia fatto nulla per favorirle. Sennonché l’assiduo ricercatore di verità, sentitosi finalmente risollevato, forse dirà: ecco, è accaduto, ma non c’ero … Il piccolo io, che di fatto pensava sostanzialmente a se stesso, aveva finalmente riconosciuto la propria dimensione relativamente illusoria lasciando spazio all’essere compiuto, al testimone di cotanta, verosimilmente gratuita, armonica bellezza.
Adoperare ciò che ci sembra negativo come un trampolino, un’occasione, un’opportunità per osservare noi stessi può essere più che vantaggioso. Mentre taluni vivono adagiati, per altri reagire opportunamente è una circostanza obbligata. In linea di massima si può trarre sicuramente maggior profitto dalle situazioni apparentemente avverse che da un’esistenza piatta e monotona. Meditare è come osservare il fluire spontaneo e naturale della vita, ci s’immerge in quel fiume, se ne prende parte con dinamismo e vigore, ma senza immedesimarsi o uniformarsi oltremisura, ovvero più di quanto non strettamente necessario. A questo punto si alternano impegno e riposo, distrazione e consapevolezza. I cambiamenti sono continui, non v’è nulla di realmente stabile e definitivo se non “colui che osserva” l’illimitata sequenza di ondeggiamenti e oscillazioni. La sola costante è l’impermanenza, la mutevolezza medesima. E se proprio quella fosse la natura intrinseca della divinità?
Replica
Ti ringrazio per la risposta, effettivamente è come se tentassi di avere continui riscontri di un qualcosa che in realtà cresce ed è davanti a te, dentro te stesso. Vi è l’assurda convinzione che non si possa mai arrivare ad essere in completa comunione col divino perché troppo difficile. E’ l’”ego” con le sue continue “trappole” …
E’ proprio vero: “ciò che sembra negativo è una vera opportunità” per osservarsi. Propendo all’equilibrio, tuttavia spesso m’immedesimo troppo, mi faccio trascinare, non sono ancora riuscito a penetrare i meandri più profondi dell’origine del pensiero. Questo nostro “colloquio a distanza” è stato comunque molto utile, mi ha aiutato ad osservare, hai proprio ragione: “la sola costante è l’impermanenza, la mutevolezza medesima”. La strada è ancora lunga, ciò nondimeno è comunque bello percorrerla. Grazie ancora per le tue considerazioni, sarò ben lieto di rileggerle …
Cordiali saluti …