La via del Kriya Yoga è, ancora oggi, uno dei sentieri più affascinanti e rigorosi per chi desidera approfondire la propria pratica di meditazione. Non si tratta semplicemente di un insieme di tecniche, ma di un autentico metodo introspettivo che affonda le sue radici nell’antica sapienza dei grandi maestri. L’essenza del Kriya non sta tanto nella quantità degli esercizi, quanto nella qualità della disciplina, nel raccoglimento dell’attenzione e nella delicata armonizzazione delle energie sottili. A ogni passo, ci si accorge che la vera meta non è l’accumulo di esperienze straordinarie, bensì una semplicità nuova, un ascolto più profondo di sé. Senza fretta, senza ansia di risultati, si impara a posare lo sguardo nell’intimo silenzio, ad avvertire quel soffio che, al di là dei mutamenti esteriori, accompagna ogni respiro consapevole. Il Kriya Yoga invita a riscoprire, giorno dopo giorno, quella sorgente di quiete che nessuna agitazione può turbare, quel centro luminoso che si rivela soltanto a chi sceglie con umiltà la via del ritorno al Sé.
Kriya Yoga: le tecniche e la pratica (cenni)
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Tecniche e Metodi di Meditazione
Siccome nel Kriya Yoga vi sono diverse linee di guru, le tecniche e i metodi di meditazione vengono insegnati a seconda di come un guru li ha ricevuti dal proprio guru. Sono state fatte delle modifiche nelle procedure dell’iniziazione, ma le tecniche e i processi basilari sono sempre gli stessi.
Babaji ha molti discepoli, e tra questi molti guru che hanno a loro volta i propri discepoli. Lahiri Mahasaya ebbe molti discepoli che autorizzò a dare l’iniziazione. I discepoli di Si Yukteswar rappresentano un altro canale di trasmissione. La mia linea di guru risale a Babaji attraverso Paramahansa Yogananda.
Quando Paramahansaji mi iniziò, egli stabilì che dapprima imparassi a meditare usando il mantra hong-sau. Poi mi fu insegnato a osservare la luce interiore nell’occhio spirituale e ad ascoltare il suono interiore. Dopo alcuni mesi il mio guru mi iniziò nella pratica del pranayama del Kriya Yoga. In quell’occasione mi fu insegnata una tecnica preliminare per il risveglio di kundalini, chiamata mahamudra; e anche una tecnica che egli chiamò jyoti mudra, un esercizio che si pratica per vedere la luce interiore (jyoti). In seguito fui iniziato nella seconda fase, quella di ascendere attraverso i chakra. A tempo debito mi furono insegnati altri metodi più avanzati. Tutte queste tecniche si possono apprendere come si deve solo da un insegnante qualificato o, meglio ancora, dal proprio guru.
Poiché le tecniche del Kriya Yoga si trasmettono da guru a discepolo, non posso spiegarle completamente in questo testo. Se si mantiene la tradizione yogica dell’istruzione orale, è più probabile mantenere anche la purezza della trasmissione. Comunque, considerato che questo materiale sarà usato da molti lettori che sono già stati iniziati, condividerò con voi dei suggerimenti per trarre il massimo beneficio dall’uso delle tecniche.
La Meditazione sul Mantra
Usare il mantra che viene dato nel corso dell’iniziazione è un potente metodo di meditazione. In effetti il mantra porta l’energia dell’iniziazione nei livelli più profondi della mente del meditante. Molti hanno conseguito la piena realizzazione praticando soltanto la meditazione sul mantra. È un errore pensare che l’immediato apprendimento di tecniche avanzate accelererà grandemente lo sviluppo. Le procedure avanzate sono soltanto per coloro che hanno preparato la mente e il sistema nervoso con la pratica devota delle tecniche preliminari.
Con un mantra di due sillabe, come l’hong-sau, uno medita rivolgendo l’attenzione nell’occhio spirituale, ascoltando il mantra nella mente, udendo la prima sillaba con l’inalazione naturale e la seconda sillaba con l’esalazione naturale.
L’ascolto del mantra cattura l’attenzione, e così la concentrazione diventa facile. Sedere per un certo periodo di tempo, ascoltando il mantra, permette al corpo di rilassarsi, al sistema nervoso di scaricarsi della tensione, e al campo mentale di diventare chiaro. Alla fine il mantra scompare e il meditante rimane nella consapevolezza chiara e limpida dell’essere senza pensiero. Oppure può darsi che il mantra scompaia man mano che l’attenzione s’immerge più profondamente nella contemplazione della luce e del suono interiore.
La Meditazione sulla Luce e il Suono Interiore
Con l’attenzione diretta sull’occhio spirituale, o sul chakra della testa, si rimane ad ascoltare dentro con un’attitudine di serena aspettativa. Infine si cominceranno a distinguere dei suoni sottili nella testa, nelle orecchie, o intorno alla testa. Le prime percezioni sonore potrebbero essere quelle delle forze nervose del corpo. In seguito il meditante potrebbe udire i suoni sottili che emanano dai chakra. Alla fine si sentirà il suono dell’OM, che è il suono puro della corrente dell’anima che scende attraverso il midollo allungato. Il meditante deve sapere che questo suono particolare di Om è una manifestazione del suono proveniente dall’Oceano Cosmico di OM. Abbandonandosi a questo suono, fondendosi e dissolvendosi in esso, egli sperimenta l’unità con l’immensità dell’Energia Cosmica. Ciò produce un certo tipo di coscienza cosmica. Oltre ancora vi è il Campo Trascendentale. Dunque, se si vuole realizzare il puro samadhi, bisogna trascendere le luci che si percepiscono e i suoni che si ascoltano.
La percezione della luce interiore s’accompagna spesso alla percezione del suono interiore. Rimanendo concentrato nell’occhio spirituale, quando il respiro diventa calmo e i pensieri si placano, si cominciano a vedere delle manifestazioni di luce.
Nei primi stadi si possono percepire luci tremolanti, manifestazioni nebulose, brillanti forme geometriche, o un’immensa distesa di luce blu. Man mano che l’attenzione rimane concentrata e la respirazione rallenta, uno vedrà la luce dell’occhio spirituale. Si può vedere una sfera di luce blu, oppure una sfera dorata, con un centro blu e un bianco brillante in mezzo. L’oro è la frequenza di OM; il blu è la frequenza della Coscienza che comprende in sé la manifestazione; il bianco è la frequenza della Coscienza al di là della manifestazione. La luce blu della Coscienza che comprende in sé la manifestazione viene anche chiamata luce della Coscienza di Krishna, o luce della Coscienza Cristica.
Mediante la contemplazione del suono e della luce uno può ritornare alla Sorgente di tutto ciò che è; e realizzare la liberazione della coscienza. Il suono e la luce interiore verranno percepiti e contemplati anche dopo la pratica delle tecniche avanzate del Kriya Yoga. In alcune tradizioni d’illuminazione, la contemplazione del suono e della luce interiore è il solo processo di meditazione che s’insegna nel corso dell’iniziazione.
Il Pranayama del Kriya Yoga – Tecnica e Pratica
Vi è un’intima relazione tra il respiro, il movimento del prana e della forza nervosa, e l’attività mentale. Per questo il pranayama del Kriya Yoga è una tecnica molto utile ed efficace. La stessa tecnica è nota anche col nome di kundalini pranayama e siddha pranayama.
Dopo essere stato istruito dal guru, il devoto impara a far circolare la forza nervosa attraverso il midollo spinale, partendo dall’estremità inferiore fino al cervello, e poi di nuovo indietro fino al chakra di base.
Questo avviene mentre si pratica una certa tecnica di respirazione che permette di sentire un flusso di corrente che scorre insù e poi ingiù attraverso il canale centrale, all’interno del midollo spinale. La pratica corretta di questa tecnica fa si che il midollo spinale e il cervello si magnetizzino, il corpo si rilassi e le modificazioni mentali si assopiscano. Durante la pratica del kriya pranayama, quando il corpo è rilassato, la forza vitale liberata dai muscoli e dagli organi interni scorre verso la spina dorsale e il cervello, producendo un maggiore accumulo di forza. Tutto questo porta a un graduale raffinamento del sistema nervoso e del cervello.
Si dice che la pratica regolare di questa tecnica produrrà, a suo tempo, una completa trasformazione del corpo e della natura interiore dell’uomo. Mediante questo processo è possibile aiutare le forze evolutive e creare più rapidamente un corpo glorificato attraverso il quale possa esprimersi più facilmente la luce dell’anima.
L’iniziato principiante è istruito a praticare quattordici kriya pranayama, due volte al giorno, durante le sedute programmate di meditazione. Questo è per assicurare che vengano fatte almeno dodici rivoluzioni complete della corrente attraverso il midollo spinale e il cervello. La teoria è che dodici di queste rivoluzioni della corrente equivalgano a dodici anni di cambiamento che si ottengono con le normali influenze della natura: l’aria fresca, la luce del sole e la naturale tendenza evolutiva alla trasformazione.
Secondo i maestri dello Yoga, l’uomo ha dei cambiamenti interiori man mano che avanza nel tempo, in cicli di dodici anni. Con la pratica regolare e corretta del kriya pranayama non solo uno impara a sperimentare stati più profondi di supercoscienza, ma aiuta la stessa natura a produrre i cambiamenti auspicati nel corpo.
Gli yogi avanzati praticano il kriya pranayama parecchie centinaia di volte al giorno, allo scopo di accelerare i cambiamenti interni. Tuttavia quest’approccio intensivo non è raccomandato alla persona comune, che ha un corpo e un sistema nervoso non ancora sufficientemente sintonizzato e raffinato per sopportare un maggior afflusso d’energia. Inoltre alcuni meditanti praticano la tecnica nel corso di tre o quattro sedute separate di meditazione nell’arco delle ventiquattr’ore. In tutti i casi, prima di prendere in considerazione un programma così intenso, bisogna consultare il proprio guru.
Una volta che la shakti comincia a circolare, perché si ha successo nella pratica, essa continuerà a circolare secondo le direttive dell’intelligenza interiore. Il risultato è un grande senso di gioia, di tranquillità e d’armonia con la vita. Anche una piccola pratica di questo pranayama produrrà l’esperienza della calma e della serenità, libera dal pensiero, che si deve provare durante la meditazione. E durante questo periodo di calma si hanno dei benefici cambiamenti interiori e si è in grado di concentrarsi con maggiore efficacia.
Praticando questo pranayama, alcuni percepiranno un movimento dinamico nella spina dorsale e nel cervello, mentre altri difficilmente avvertiranno alcun movimento. Tuttavia se il processo è praticato correttamente, i cambiamenti interiori avverranno ugualmente. Uno deve fare del proprio meglio, e quindi rinunciare ai frutti della meditazione. Non bisogna dare eccessiva importanza ai movimenti della shakti. È meglio rimanere posati e calmi, e lasciare che le correnti si muovano nei canali più profondi, piuttosto che farsi prendere dall’emotività e dal desiderio di dimostrazioni fisiche.
La circolazione interna delle correnti sottili nel midollo spinale viene chiamata “respirazione yogica”; questa aiuta a mantenere la calma interiore e il sentimento e l’attitudine di essere centrati. In questi momenti è più facile essere emotivamente stabili e riservati, perché le tendenze verso l’esterno sono pressoché neutralizzate.
I metodi del Kriya Yoga sono scientifici, perché sono stati studiati approfonditamente per migliaia d’anni e i risultati sono stati accuratamente registrati. Se uno praticherà secondo le istruzioni, otterrà sicuramente la realizzazione del suo destino spirituale. Se uno non ottiene la liberazione nel corso della vita attuale, l’evoluzione spirituale continuerà nei reami sottili. Quando uno che pratica il Kriya Yoga rinasce in un nuovo corpo, sarà portato da giovane a continuare le sue pratiche spirituali.
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DA: ROY EUGENE DAVIS – LA SCIENZA DEL KRIYA YOGA – EDIZIONI VIDYANANDA
(TRADUZIONE DEGLI YOGA SUTRA DI PATANJALI, CON UN COMMENTO DETTAGLIATO E ISTRUZIONI SPECIFICHE PER LA MEDITAZIONE E L’ESTASI)
(Roy Eugene Davis è stato un discepolo di Yogananda)
Fonte web: it.groups.yahoo.com/group/lista_sadhana
Conclusione
Avvicinarsi al Kriya Yoga significa scegliere una via di meditazione che non indulge nella fretta, ma si radica nella costanza, nell’ascolto profondo e nella raffinata semplicità dei gesti interiori. Oltre la mera tecnica, ciò che conta è lo spirito con cui si percorre questo sentiero antico: una disposizione silenziosa, vigile, paziente. Ogni respiro guidato, ogni percezione sottile di luce o suono, ogni mantra sussurrato alla soglia del pensiero sono inviti a diventar consapevoli dell’essenza più autentica dell’essere. Non vi sono scorciatoie, né tappe da affrettare: tutto si svolge con naturalezza, come un fiume che, seguendo il suo corso invisibile, sfocia infine nell’oceano della pura coscienza.
