Una tra le maggiori e più ricorrenti difficoltà che s’incontrano durante il proprio training meditativo, ossia durante il percorso che s’intraprende per assimilare una corretta pratica di meditazione è il susseguirsi pressoché continuo dei pensieri che, ben lungi dal seguire un qualsivoglia ordine logico si succedono senza demordere e reagiscono senza colpo ferire a qualunque tentativo di estromissione, di rifiuto. Qual è, dunque, il miglior metodo per liberarsi dal loro inconsulto predominio? Sri Aurobindo lo spiega da quello straordinario maestro che rappresentò, sia durante la sua umile permanenza terrena che adesso, ora che il suo ricordo diventa viepiù luminoso …
«Se la difficoltà della meditazione consiste nel precipitarsi di pensieri di ogni genere, questo non è dovuto alle forze ostili, ma alla comune natura della mente umana. Tutti i sadhak hanno questa difficoltà e per molti dura a lungo. Ci sono diversi modi per liberarsene.
Uno consiste nell’osservare i pensieri e vedere qual è la natura della mente umana, come essi la mostrano, ma senza accordarvi alcun consenso, lasciandoli scorrere finché giungono a un arresto – questo è un metodo consigliato da Vivekananda nel suo Rajayoga .
Un altro metodo consiste nel guardare i pensieri come non fossero i propri, e rimanerne distaccati con l’atteggiamento del Purusha testimone, rifiutando loro il vostro consenso – i pensieri vengono considerati come qualcosa proveniente da fuori, da Prakriti, e devono essere percepiti come dei passanti che attraversano lo spazio mentale, con i quali non c’è contatto e per i quali non si prova interesse. Così di solito accade che, dopo un po’ di tempo, la mente si divide in due, una parte costituita dal testimone mentale che osserva perfettamente indisturbato e tranquillo, e una parte costituita dall’oggetto di osservazione, cioè la parte di Prakriti, nella quale i pensieri si incrociano o vagano. Dopodiché anche la parte di Prakriti si può condurre al silenzio o alla quiete.
Ce n’è un terzo, un metodo attivo col quale si cerca di vedere da dove provengono i pensieri, e si scopre che non procedono da noi stessi, ma è come si trovassero fuori della testa; se possono venire scoperti mentre arrivano, prima che entrino, allora vanno rigettati completamente. Questa è forse la via più difficile e non tutti possono percorrerla, ma se può essere percorsa è la strada più breve e formidabile verso il silenzio.»
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