“Lasciar correre” non è un atteggiamento da adottare a priori, ossia preliminare a qualsivoglia pratica meditativa; né, tantoméno, la presa d’atto di una presunta equidistanza, comunque teorica, tra gli esseri e le cose; e neanche un comportamento che suggerisce, se non implica, distacco. Come scelta di vita volontaria, potrebbe persino aggravare un proprio eventuale disagio.
Al contrario, “lasciar correre” è: il risultato della propria centratura; della consapevolezza che ad agire è il proprio sé o non-sé, mentre a subire è la personalità accessoria, identificata – perlopiù – con il coacervo delle emozioni contingenti; seppur partecipe alla ri-scoperta dell’essenza, del proprio volto originale, della mente primigenia. Ben lungi dal consistere in mero permissivismo o becero lassismo, “lasciar correre” è, soprattutto, agire a partire dal proprio centro – una realizzazione successiva alla meditazione stessa –, ma senza avere la presunzione che quest’ultimo sia il centro del mondo. Leggiamo ora, a tal proposito, come si spiega l’emerito (insigne) Jon Kabat-Zinn …
«La frase «lasciar correre» occupa una posizione di rilievo fra i cliché della Nuova Era del secolo.
Benché spesso se ne abusi, si riferisce a un comportamento interiore che, indipendentemente dal cliché, merita di essere sviscerato. Si può apprendere qualcosa di vitalmente importante dalla sua pratica.
Lasciar correre è un’espressione che si spiega da sola. È un invito a smettere di aggrapparsi ad alcunché – un’idea, un oggetto, un avvenimento, un’occasione, un punto di vista o un desiderio in particolare –.
È la decisione consapevole di abbandonarsi in piena accettazione al flusso dei momenti presenti man mano che si susseguono.
Lasciar correre significa rinunciare alla coercizione, alla resistenza, alla lotta in cambio di qualcosa di più forte e completo che è la conseguenza immediata del lasciare le cose come stanno, senza farsi condizionare da propensioni o repulsioni, dall’intrinseca viscosità di desideri, simpatie e antipatie.
È come lasciare aperto il palmo della mano liberando dalla stretta ciò che vi era contenuto.
Ma si può essere invischiati non solo dai desideri materiali. Né si tratta unicamente di rimanere aggrappati con le proprie mani. Si mantiene la presa anche con la mente. Restiamo prigionieri, bloccati noi stessi, attaccandoci spesso disperatamente a concezioni meschine, speranze e aspirazioni fini a se stesse.
Lasciar correre significa veramente preferire la trasparenza alle forti pulsioni delle nostre simpatie e antipatie personali e all’inconsapevolezza con cui vi rimaniamo affezionati.
Essere trasparenti comporta lasciare interagire paure e insicurezze nell’ambito della piena consapevolezza.
Lasciar correre è possibile unicamente riconoscendo e accettando la scomoda realtà dello stato d’immobilismo in cui ci troviamo, ammettendo l’esistenza di uno schermo inconscio fra noi e i nostri interlocutori che filtra, colora, piega e distorce la visione.
In quei momenti di disagio potremo aprirci, soprattutto se saremo capaci di captarli consapevolmente ammettendo di essere prigionieri della spirale dell’avidità, dell’egoismo e dell’ostilità per salvaguardare il nostro interesse.
Tranquillità, comprensione e saggezza si possono ottenere solo nei momenti di completezza, in cui né si cerca né si afferra né si respinge alcunché.
È una situazione verificabile. Fate una prova per vostra soddisfazione; vedrete voi stessi che lasciar correre quando una parte di voi oppone resistenza produrrà una gratificazione più profonda.»
(Da: Dovunque tu vada, ci sei già. Una guida alla meditazione – Jon Kabat-Zinn)
– Jon Kabat-Zinn (macrolibrarsi.it)
– Jon Kabat-Zinn – Amazon
– Jon Kabat-Zinn – Wikipedia
– Mindfulness – Wikipedia