Christina Feldman evidenzia, in modo tanto rapido quanto puntuale, come la ricerca della felicità – e di tutto ciò che ne discende –, protesa esclusivamente verso l’esterno, prodigandosi a oltranza, talvolta finanche nei modi più impensati, per centrare questo o quel risultato, per conseguire questa o quella affermazione, alla fin fine si dimostrerà deludente. In altre parole, la realizzazione non andrebbe ricercata inseguendo il miraggio di una determinata affermazione. Tutto ciò non farà altro che incrementare il desiderio – e la relativa insoddisfazione – cagionando perlopiù sofferenza. Eppure via e meta non sarebbero così distanti …
«Spesso il desiderio sorge dalla convinzione profondamente radicata di non essere interi. Girate per il mondo alla ricerca di tutto ciò che credete vi renderà più felici, completi ed appagati. Ma quando l’interezza e la felicità vengono proiettate all’esterno, ciò che ne segue è la delusione. Niente al mondo può procurarvi ciò che non potete dare a voi stessi. Abbandonate voi stessi, convinti che se solo aveste un po’ più di fama, d’amore, di sicurezza, di riconoscimento o di approvazione sareste finalmente completi. Ma sembrate non averne mai abbastanza, sicché la vostra ricerca va avanti.
Quante volte ci scopriamo a desiderare ciò che non abbiamo: il rapporto ideale, un corpo diverso, una mente più collaborativa, la felicità che gli altri sembrano possedere! Ma finché restate incatenati a questo desiderare senza fondo, vi consegnate in ostaggio all’irrealizzato. Dovete solo dedicare un istante ad esaminare le caratteristiche del vostro cuore e della vostra mente mentre siete in preda al desiderio di ciò che non avete, per valutarne la dolorosità. Il cuore e la mente si contraggono, concentrati sull’oggetto della vostra brama con dedizione e impegno inflessibili. Avete la sensazione che valga la pena soffrire, o che il vostro impulso sia al servizio di una felicità più grande, che non mancherà di arrivare se insisterete nella ricerca fino al successo. A volte avete successo, passate momenti, magari addirittura settimane o mesi di soddisfazione. Poi la forza del desiderio ricompare. Avete perso interesse in ciò che possedete, oppure non vi procura più la stessa soddisfazione di una volta. Quindi partite alla caccia di un altro possesso, di un’altra affermazione ancora. Il ciclo può proseguire all’infinito.
Nei momenti di lucidità potete vedere il dolore del finire intrappolati in questa rete di inappagamento. È logorante e depotenziante. L’esperienza ha dimostrato che il desiderio provoca sofferenza, eppure stranamente cercate di sbarazzarvi della sofferenza aumentando il desiderio. Non vi piace ciò che avete, il luogo in cui siete o il vostro stato, e quindi vi ritrovate ad andare in cerca di qualcos’altro come mezzo per sbarazzarvi di ciò di cui state facendo esperienza. Rimbalzate fra avversione e attaccamento, provocando una tale valanga di attivismo da restare sordi alle grida del vostro stesso cuore. Imparare a fare la pace con ciò che è, ad amare ciò che avete, a prendervi cura del luogo in cui siete, è l’eterno messaggio di tutti i sentieri spirituali. Non è una rinuncia alle visioni e alle aspirazioni, ma all’alienazione e alla sconnessione. Per scoprire la fine della sofferenza, all’interno e all’esterno, dovete comprenderne le cause. Quanto dolore nel mondo nasce dal desiderio e dall’attaccamento a se stessi? Quanta felicità nel mondo nasce dall’accettazione, dalla generosità e dalla compassione?»
[ Da: Christina Feldman, “Compassione. Ascoltare le grida del mondo“ ]
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