Nell’arte della meditazione, l’atto di inchinarsi non è semplicemente un gesto di rispetto, ma un profondo rilascio dell’ego e delle concezioni dualistiche che ci separano dall’essenza della vita. Attraverso lo zazen, ci immergiamo in un viaggio interiore dove ogni inchino è un passo verso l’unione con l’universale, con il Buddha che risiede in noi e in ogni particella dell’esistenza. In questo sacro dialogo tra il sé e l’infinito, scopriamo che ogni forma di vita, dal più umile insetto al più saggio maestro, merita la stessa venerazione. Questa pratica non solo affina la nostra consapevolezza spirituale, ma ci insegna anche l’umiltà e l’equanimità necessarie per navigare nel flusso incessante del divenire. Con ogni inchino, ci avviciniamo alla verità ultima: che siamo tutti interconnessi, tutti manifestazioni dell’eccelso, dell’ultraterreno …
«Dopo la meditazione seduta (zazen) ci inchiniamo fino a terra nove volte. Inchinandoci abbandoniamo noi stessi. Abbandonare se stessi significa abbandonare le proprie idee dualistiche. Perciò non c’è alcuna differenza tra fare zazen e inchinarsi. Comunemente inchinarsi significa tributare onori a qualcosa più degno di rispetto di noi. Ma quando vi inchinate davanti a Buddha, non dovete avere alcuna idea di Buddha, voi semplicemente divenite tutt’uno con Buddha, siete già Buddha stesso. Quando diventate tutt’uno con Buddha, tutt’uno con tutto ciò che esiste, scoprite che cosa veramente significa ‘essere’. Quando dimenticate tutte le idee dualistiche, ogni cosa diventa il vostro maestro, e tutto può essere oggetto di venerazione.
Quando tutto esiste all’interno della vostra grande mente, ogni relazione dualistica scompare. Non c’è distinzione tra cielo e terra, uomo e donna, maestro e discepolo. Ora un uomo si inchina a una donna, ora una donna si inchina a un uomo. Ora il discepolo si inchina al maestro, ora il maestro si inchina al discepolo. Un maestro che non sa inchinarsi davanti al proprio discepolo, non sa inchinarsi davanti a Buddha. Talvolta maestro e discepolo si inchinano entrambi al Buddha. Talvolta può darsi che ci inchiniamo davanti a gatti e cani.
Nella vostra grande mente ogni cosa possiede lo stesso valore. Ogni cosa è il Buddha stesso. Vedete o udite qualcosa: ecco, per voi ogni cosa è proprio così com’è. Nella vostra pratica dovete accettare ogni cosa così com’è, tributando a ciascuna cosa lo stesso rispetto tributato a un Buddha. Ecco, qui c’è la Buddhità. Allora Buddha si inchina a Buddha, e voi vi inchinate a voi stessi. Ecco il vero inchino.
Se non possedete questo fermo convincimento della grande mente nella pratica, il vostro inchino sarà dualistico. Se siete voi stessi e basta, vi inchinate a voi stessi nel vero senso, e siete tutt’uno con ogni cosa. Solo quando siete completamente voi stessi, siete in grado di inchinarvi davanti a ogni cosa nel vero senso. Inchinarsi è una pratica molto seria. Dovreste essere sempre pronti a inchinarvi, persino nell’ultimo attimo di vita; quando non potete fare altro che inchinarvi, dovete farlo. Questo tipo di convincimento è necessario. Inchinatevi con questo spirito e tutti i precetti, tutti gli insegnamenti saranno vostri, e possederete ogni cosa all’interno della vostra grande mente.»
[ Da: Shunryu Suzuki-roshi, “Mente zen, mente di principiante“ ]
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