Anche se l’articolo è del 2004 si tratta di riflessioni e osservazioni senza tempo. (Articolo multi-pagina: 1° – 2° – 3°
Una volta qualcuno adulò maliziosamente il millepiedi dicendogli: sei un essere meraviglioso, come fai a muovere con tanta fantastica sincronia i tuoi innumerevoli piccoli piedi?
Il mille piedi, che non ci aveva mai pensato, tentò di dimostrarlo in pratica e … ohibò … non riuscì più a muoversi di un solo misero passo.
1° – Le ragioni del cuore
Riflettere in prospettiva spirituale significa riflettere innanzitutto con il cuore. Ovviamente la ragione ha pur sempre un suo ruolo, ma non è l’artefice, bensì lo strumento. Esistono, allora, le ragioni del cuore che ben lungi da qualsivoglia sentimentalismo qualunquista diventano, nei limiti del possibile, conoscenza diretta.
Un cuore che non è in pace con se stesso proietterà il proprio eterno conflitto interiore nel mondo esterno, sugli altri. Pretenderà di dirimere ogni contingenza intervenendo secondo gli schemi aprioristici di principi, valori, dottrine morali, presupposti ideali, ecc.
Così facendo il problema sembrerebbe risolto, una formula e via. Ma al di là di qualunque ipocrita menzognera finzione è fondamentale stabilire quali siano i giusti valori. Non quelli astratti, scontati o funzionali, ma i più importanti, irrinunciabili, preliminari. E’ una situazione bizzarra. Ci si comporta come se l’umano, prim’ancora di farne esperienza ne fosse già edotto. Esperire l’amore, la compassione, è tutt’altro che proclamarli.
Fintantoché insisteremo nell’anteporre il carro ai buoi, ovvero i valori ausiliari alla consapevolezza, resteremo succubi, bloccati. Esistono delle priorità indifferibili. Quando agisco in sintonia con me stesso senza basarmi su alcun condizionamento pregresso, prevalgono la concretezza, la spontaneità dell’immediatezza, che sono libertà e intelligenza.
La maggior parte di noi crede che la controparte dell’amore sia l’odio. Invece è la consapevolezza. L’effettiva polarità è quella tra amore e consapevolezza.
L’amore, i sentimenti ci sospingono verso il mondo esterno. Ma l’amore ideale, compiuto, è impossibile da realizzare. Lo inseguiamo. Stiamo quasi per coglierlo e ci sfugge. La delusione è inevitabile. Subentra la consapevolezza della realtà. Saremo rigettati a noi stessi. La consapevolezza dirige il flusso della nostra attenzione verso l’interiorità. Sembra proprio che il fiume dell’essere proceda tra le rive di amore e consapevolezza.
Suppongo, pertanto, che i primi veri valori siano: l’amore, che anche nelle sue più genuine e autentiche espressioni d’insostituibile dedizione e purezza ci orienta inevitabilmente verso realizzazioni estrinseche; la consapevolezza, ovvero il movimento che nella presa d’atto empirica di “ciò che è”, della propria realtà complessiva, riconduce immancabilmente alla luce, verso se stessi; seguono creatività, tolleranza; i valori più tradizionali, quali la famiglia, ecc.
Eh si, ancora una volta parrebbe tutto eccellente, se non che rispunta il solito tentennamento. Non abbiamo fiducia in noi stessi? Avvertiamo l’imprescindibile esigenza d’ispirarci a specifici modelli ideali? Bene, abbiamo bisogno di punti di riferimento sicuri, di certezze. Ben vengano, quindi, principi, valori. Ma che i primi, essenziali, siano per lo meno i più autentici, i giusti preludi: l’amore, la consapevolezza. E la loro incomparabile e ineffabile sintesi, la compassione.