Mi stai cercando? Sono nel sedile accanto. La mia spalla tocca la tua. Non mi troverai negli stupa, né nelle cappelle, né nelle sinagoghe, né nelle cattedrali: nemmeno nelle masse o nei canti votivi, né mettendoti le gambe attorno al collo o non mangiando altro che vegetali. Quando davvero mi cercherai, mi vedrai all’istante. Mi troverai nella più piccola casa del tempo. Kabir dice: discepolo, dimmi, che cos’è Dio? Egli è il respiro dentro il respiro. (Kabir)
Dopo aver peregrinato nell’iperspazio per un periodo di tempo pressoché incalcolabile, Dio avvertì un qual certo richiamo provenire da un suo antico e vetusto pianetino, la terra.
Un bisbiglio persistente sollecitava i suoi nobili padiglioni auricolari. Si avvicinò circospetto, non si sa mai, meglio procedere con cautela. Durante la sua ultima avventura in quella remota e curiosa località, tanto amena quanto gaia e ridente, era stato persino crocifisso. Bene, ora che la distanza si era ridotta cominciava a capire. Si trattava di un richiamo, ma di un tipo molto particolare, era un profluvio travolgente di sommesse preghiere, suppliche e invocazioni di conforto, aiuto, sostegno, protezione, sussidio, solidarietà …
Il Signore dell’universo ci rimase un po’ male, non riuscì a trattenersi e proferì un’esclamazione piuttosto irriverente. … omissis … Nemmeno una piccola richiesta di amore, cioè di Dio stesso, nulla! Quasi tutto riconducibile a ordinari e banalissimi, si fa per dire, problemi economici. Altro che miracoli di guarigione … solo richieste di denaro per potersi curare nei migliori ospedali.
Il buon Dio, sempre più perplesso, ma colto da un ineffabile senso di compassione, consultò l’inseparabile smartphone. Ahimè, impossibile, nulla da fare, il credito universale del proprio multi-conto bancario era quasi esaurito, agli sgoccioli.
Per un attimo, poche frazioni siderali, il povero Dio parve indeciso. Ma dopo appena pochi istanti ancora, richiamò presso di sé quel tale, strano tipo, quel Buddha che ancora indugiava ostinato dinanzi le porte del Paradiso – o del Nirvana? – rifiutandosi di entrare se prima di lui non fosse stato accolto persino l’ultimo dei suoi diletti discepoli.
Quindi gli ordinò gentilmente: “Gautama, figlio mio, ritorna dai miei beneamati e suggeriscigli di aiutarsi l’un l’altro. Ma rammenta, non parlargli di me. Se ti chiedono farfuglia, oppure fingi di non capire. Si autoconvinceranno che non esisto. E sarà un bene per tutti. Giacché forse, solo così, riusciranno a ritrovarmi laddove risiedo realmente. Sono un po’ dappertutto, persino in quegli stessi individui che indugiano così tanto pregando. Io sono loro, e loro mi hanno dimenticato.”