Tutta la nostra affannosa ricerca di successi e risposte si fonda, quasi sempre, su una clamorosa svista. Ci inerpichiamo per le ripide pendici dell’esistenza, analizzando ogni scelta passata e attribuendo i nostri deludenti risultati a decisioni errate o a circostanze avverse, senza renderci conto che la vera causa della nostra insoddisfazione risiede altrove. Persi nel labirinto di obiettivi, ambizioni e giudizi, omettiamo di considerare il fattore più importante di tutti, un principio essenziale che persiste, silente e immutabile, al di là di ogni evento. È proprio nei momenti di maggiore difficoltà, quando il sentiero sembra interrompersi, che abbiamo l’opportunità di riconoscerlo. La pratica della meditazione diviene allora lo strumento privilegiato per spostare lo sguardo dalle mille variabili esterne a quest’unica, fondamentale costante interiore, il vero fulcro di ogni autentica serenità.
La vita, così come l’esperiamo, non è affatto un’idilliaca passeggiata. Erte e declivi si succedono di continuo. E non v’è affatto bisogno che un pinco pallino qualunque ne straparli. Ma rammentare che le trasformazioni sono comunque ineluttabili aiuta a cogliere al volo l’attimo, a non lasciarsi sfuggire l’opportunità dell’adesso, ad afferrare il presente. Come? Io tento di porvi nello stato d’animo per intuirlo. A voi il resto …
Pendici
Le ripide pendici
cui mi condussi
dopo anni e anni
di scelte inopinate (o sagge?)
fu proprio il luogo onde riconobbi
che la vera causa
dei miei mediocri riscontri
non erano stati arbìtri o decisioni,
bensì un’unica, quanto banale, dimenticanza.
Tra mete, vette e pregiudizi
avevo tralasciato un fattore essenziale.
Ben al di là
di eventi o circostanze
persisteva pur sempre
quest’umile fautore.
Epilogo
Quando la corsa verso le vette esterne si arresta, si apre lo spazio per una rivelazione tanto semplice quanto profonda. L’ “umile fautore” che avevamo sempre tralasciato non è un’entità astratta o un traguardo da raggiungere, ma la nostra stessa presenza cosciente, la sorgente silenziosa che ha dato vita a ogni esperienza. È “umile” perché non si impone con fragore, ma sussurra nella quiete, ed è “fautore” perché è il principio creatore di ogni percezione. Riconoscerlo significa comprendere che non siamo mai stati definiti dalle nostre scelte, sagge o inopinate che fossero, ma dalla luce della consapevolezza che le illuminava. La pratica meditativa, in questa luce, non è più un mezzo per arrivare da qualche parte, ma il semplice atto di dimorare in ciò che siamo sempre stati: il centro calmo e immutabile di ogni pendice della vita.