Ci sono ferite che non sanguinano, eppure bruciano in profondità: sono i segni lasciati dall’ostilità, dall’insulto gratuito, dall’amarezza che talvolta gli altri riversano senza motivo. In quei momenti il rischio è di restarne imprigionati, di alimentare rancore e amarezza. Ma la meditazione può offrire un varco, una soglia silenziosa in cui la mente si acquieta e il cuore ritrova respiro. Non si tratta di ignorare la cattiveria, ma di non lasciarle il potere di avvelenare il proprio spazio interiore.
Non è un caso che abbia deciso di scriver qualcosa sull’argomento cattiveria. Per qualche giorno mi sono imbattuto in un fenomeno di cattiveria così gratuita da sembrare incredibile. Ho provato ad osservarla con distacco, ma per quanto tentassi di non rimanerne coinvolto, il disgusto per l’irrazionale mi sommergeva e sorprendeva di continuo. La meditazione può lenire questo genere di sofferenza? Può aiutarti a perdonare, a lasciar correre, a dimenticare? Dipende. Forse questi versi potrebbero aiutarti. Provaci, ma non arrenderti alle prime schermaglie. Il rancore, per l’esattezza, il risentimento, tenterà di sopraffarti comunque. Leggi e rileggi, poi pratica la meditazione sulla cattiveria.
Meditare sulla cattiveria
Non rifletterci su,
non contemplarla.
Prendine atto.
Il filo d’Arianna che pende dall’alto della volta celeste.
Afferralo!
Ignora le congetture, sorridi alle dicerie. Evoca lo spirito … di tolleranza.
E la tua mente diverrà così candida
che per risollevarti basterà il silenzio.
Epilogo
Quando la cattiveria sfiora la tua vita, puoi scegliere se trattenerla o lasciarla svanire. La meditazione insegna a non aggiungere peso all’ombra, ma a dissolverla con la luce discreta del silenzio. È in quell’attimo sospeso che la mente si alleggerisce e la coscienza ritrova la sua limpida serenità.
