Una manciata di versi disconnessi. Dapprincipio non era una poesia, ma pochi scarni appunti, più che altro uno sfogo che, successivamente, invece di cancellare ho rielaborato.
Ora l’oggetto: il simulacro equità, una delle più grandi prese in giro cui abbia mai avuto la sfortuna d’assistere. Il colmo – non l’avrei mai e poi mai immaginato – è stato che si giungesse all’assurdo di pubblicizzare l’equità pur di celebrare – laude, laude – il sotto-dio mercato.
Commento inopportuno? Caro visitatore, che ti attendevi da soggetti – quali i redattori del sito – che per vessillo hanno soprattutto l’eterea consapevolezza?
Sennonché – senza tergiversare – equità implica innanzitutto compassione che si concretizza in un iter di riequilibrio e giustizia. Ma il riassetto in questione è stato solo una posticcia e dozzinale farsa. Una crudele messinscena perpetrata ai danni di gente assolutamente sincera, ma che non può fare a meno di subire la manipolazione strategica di un sistema il cui unico fine sembra essere un’immane quanto sconfinata pulsione affaristica.
Per il resto, la poesia è inevitabilmente ermetica …
Prima di cominciare, l’ennesimo suggerimento: lasciate ogni speranza – di comprendere subito – o voi che … leggete.
Meditare sull’equità
Vedo picchi di monti innevati
da una coltre di ghiaccio bollente.
Un’equità che mentre ti soccorre
in realtà ti disarciona.
Lo sai che la mente è, per sua natura, estremista?
Se non la metti per qualche istante da parte
non riuscirai mai a scoprirne il giusto mezzo.
Se confidi nel suo senso di giustizia
salverai il cavallo,
ma ucciderai il cavaliere.
Tralascia i pensieri,
centrati un po’ sul cuore
e coglierai la traccia che conduce
al nucleo stesso della tua compassione.