Quel momento in cui ci sediamo per meditare e la mente si ribella, inondandoci di pensieri apparentemente urgenti, rappresenta forse la più autentica porta d’accesso alla vera pratica. Non è un fallimento, ma un’iniziazione necessaria: l’ego, come abile prestigiatore, moltiplica le distrazioni per proteggere il suo regno di controllo, temendo di perdere il potere su ciò che considera “indispensabile”. Eppure, proprio in questo affollamento mentale si cela l’opportunità più preziosa: apprendere a restare immobili come rocce nel fiume impetuoso dei pensieri, osservando con benevola ironia come ogni preoccupazione si riveli, a ben guardare, un fragile castello di sabbia. La meditazione autentica non richiede il silenzio perfetto, ma il coraggio di sedersi pazientemente nel caos, riconoscendo che dietro il frullio incessante della mente esiste già quell’oasi di pace che cerchiamo, pronta a rivelarsi non appena smettiamo di inseguire ogni onda mentale.
Sembra quasi una disdetta. Tutte le volte che decido di meditare mi si presentano, rievocate da non so bene quale arcano sortilegio, un’infinità di pensieri. Alcuni, relativamente coerenti, si fanno strada sulla base di presunte impellenze del momento. Ma se decido di rilassarmi, seppur per pochi frangenti, perché non dovrei rinviare i problemi pratici ad un momento più consono? Ovviamente mi rendo conto che il frullio di pensieri è solo un escamotage dell’ego per procrastinare se stesso. Sono solo scuse dell’ego che teme di perdere il controllo – la presa su ciò che ritiene indispensabile – per evitare d’avventurarsi in un ambito che ritiene rischioso. Si da il caso che talvolta non mi dia per vinto, pazienti, per quanto preda delle più bizzarre fantasie ritorni, tranquillo, all’obbiettivo iniziale, trovare un po’ di pace. Dunque, benché lieve l’impegno, l’incontro – con la propria natura più profonda, con l’essenza? – non tarderà …
Meditare controcorrente
Mezzo seduto, ma sul ciglio del torrente
le cui acque prorompono impetuose,
sogno di risalir un po’ la sua corrente
per ritrovarmi in una oasi di pace.
Sogno una salute inappuntabile,
un’energia che mi sostenga e non tentenni,
un’amicizia che ricambi l’affetto
per proseguire dritto verso l’ansa
onde riecheggia l’eco del silenzio.
Sogno, rifletto un po’ … e quindi penso
fintantoché le nubi della mente
non si diradano per consentire il flusso
della luce che proviene dall’eterno.
Epilogo
Alla fine, ciò che conta non è aver zittito la mente, ma aver imparato a non seguirne ogni capriccio. Quel “sogno di risalire la corrente” si rivela, a ben guardare, un’immagine perfetta del percorso meditativo: non serve lottare contro il flusso dei pensieri, ma semplicemente riconoscere che siamo molto più di quel torrente impetuoso. Quando smettiamo di identificarci con ogni onda mentale, scopriamo che l’ansa del silenzio non è una meta da raggiungere, ma uno spazio già presente, che aspetta solo di essere riconosciuto. Forse la vera meditazione inizia proprio quando abbandoniamo la ricerca di un’esperienza straordinaria, per accogliere la pace semplice che sorge naturalmente quando ci permettiamo di essere, senza sforzo, proprio dove siamo.
P.S. Ricorda che ogni resistenza superata nella pratica è un passo verso una libertà più grande. Continua a sederti, nonostante tutto.