Dall’allegra festosità primaverile all’afosa e torrida estate. Il passo è breve. Dove sono quei lieti mattini temperati che trasmettevano gioia?
Stati d’animo ricorrenti. Cicli e ricicli che in realtà non hanno alcun rapporto con la propria interiorità. Certo, li subiamo, come lieti o pessimi eventi. E ne siamo senz’altro condizionati. Sennonché, un’osservazione appena appena un po’ più attenta ne rivela l’intrinseca precarietà, impermanenza. Ma qual’é la loro caratteristica principale? Semplice, mentre al centro v’è un nucleo esistenziale che rileva e riscontra, essi si svolgono sempre in periferia. Siffatta dicotomia tra l’essere e il subire è certamente causa di sofferenza.
Mi rivolgo all’esterno. La cappa di nubi che al momento mi sovrasta è così scura da impedire persino il sempre allegro profluvio dei raggi solari; e tanto bassa e persistente da infondere al paesaggio circostante una misteriosa aura crepuscolare.
Dopodiché mi riallaccio ai precedenti pensieri, concetti, supposizioni, idee, filtrati come sempre dall’immancabile difficoltà interpretativa, nonché da umore, paura o sottili angosce latenti che di volta in volta ne condizionano l’incisività espressiva. La capacità d’interagire con gioia e affermarsi o realizzarsi secondo le inclinazioni più intime.
Mi sovvengono gli abituali rumori prodotti dalle auto che si rincorrono su questo lungo viale. Un leggero tramestio nella camera accanto. Da un edificio prospiciente, intravedo gli usuali piccoli segni della vita che si ridesta.
Ebbene, ritorno sui miei passi. Sorpresa! Dov’era andata la sofferenza? Dov’erano le assurde domande esistenziali? E la preoccupazione di fondo per le incombenze che avrei dovuto affrontare? Certo, non sempre è lo stesso. Il più delle volte l’energia suscitata dalla gioia d’incontrare il mio prossimo è così tanta d’annullare ogni fittizia demarcazione temporale per tuffarmi nel lavoro o tra la gente quasi d’istinto.
Ma oggi è così, mi tocca subire pensieri e situazioni che non mi appartengono. Qualcuno tra i più smaliziati dirà: non sei stabilmente centrato …