La strada, la via da percorrere è lunga o breve? Siamo molto lontani o tanto vicini ad un qualche tipo di realizzazione, di comprensione che trascenda il caso, l’universo della necessità?
Per chiarezza
Le risposte dei maestri spirituali del passato furono tante e all’apparenza contraddittorie; perché non vi fu quasi mai sufficiente chiarezza.
Il pensiero sociale di un maestro spirituale non può essere ritenuto verità assoluta, universale, ma relativo al periodo storico e all’ambiente in cui visse. Ciascuno di noi deve essere anche e soprattutto maestro di sé stesso e conta ben poco trovarsi temporaneamente in difficoltà. In realtà le formule religiose predefinite servono solo a limitare le libertà individuali a vantaggio di pochi scaltri profittatori. Sono mille volte meglio le critiche sensate e le polemiche. Solo le campane del dogmatismo tirannico suonano all’unisono.
Il luogo per effettuare il salto quantico è qui. Il momento, l’attuale. Tuttavia non capiamo lo stesso. Ci sembra impossibile, inverosimile. L’evidenza dei fatti: ben pochi varcano la soglia e diventano auto-consapevoli. Il dilemma è sempre quello: conseguire o conquistare? Le idee che la contingenza psicologica possa esser superata in modo repentino o dopo lungo sacrificio sono entrambe errate. Solo quando una chiara percezione degli eventi che riguardano la nostra vita concreta subentrerà al dominio dei nebulosi desideri saremo in procinto di comprendere.
Ecco ora un suggerimento pratico: per conseguire una chiara percezione della nostra vita interiore, insieme al nostro esercizio elettivo, cioè l’osservazione diligente e periodica rivolta al flusso del respiro, sarebbe molto utile prestare attenzione alle incombenze del momento, svolgerle accuratamente, evitare di agire meccanicamente. La retta consapevolezza o coscienza o rimembranza di sé non può essere raggiunta direttamente se non con grandi difficoltà. Esser presenti alle proprie azioni è arduo. Ci si distrae facilmente. Ma l’attenzione rivolta ai più semplici gesti quotidiani conduce gradualmente al medesimo risultato: una visione indipendente, limpida, imparziale e profonda.
Tuttavia, quando la comprensione di sé stessi inizierà spontaneamente a farsi strada, forse sorgerà un ulteriore problema. In molti avranno la sensazione di essere stati presi in giro, turlupinati, e di aver subito innumerevoli quanto inutili condizionamenti. La distanza che separa il cielo dalla terra, affermò un antico saggio, è infinitesimale. Potremmo anche dire che il cielo e la terra, se non nella nostra fervida e puerile immaginazione, non sono affatto separati. Essi non si compenetrano a vicenda, non sono due o distinti, bensì il medesimo e identico fenomeno.
Quando una maggiore energia sosterrà la nostra percezione ogni dualismo si dissolverà perché qualsiasi dicotomia entra sempre in gioco solo per assecondare temporaneamente le finalità strategiche, dialettiche e interpretative del pensiero. Se cultura ed educazione orientate esclusivamente alla conquista e trasformazione del mondo fisico o esterno non avessero represso il flusso dell’energia, il suo fiorire sarebbe stato naturale. Con il tempo quel flusso avrebbe subito un incremento straordinario.
Riflessioni
Per tentare di superare le eventuali perplessità dalle quali taluni potrebbero ritrovarsi periodicamente infastiditi sarà proficuo valutare l’utilità, o meno, delle seguenti riflessioni.
Tra spirito e materia non v’è alcuna differenza. L’ambiguità percettiva dipende dall’energia impiegata nell’osservazione del mondo fisico o di quello psicologico. Ad esempio, se l’energia sarà sufficiente, la chiara comprensione della realtà così ottenuta si rivelerà di per sé un fenomeno o un evento di natura spirituale.
Non c’è nessuna differenza tra corpo e anima: si tratta solo di livelli diversi di vibrazione. È come la differenza tra l’acqua ed il ghiaccio. Le molecole dell’acqua oscillano più intensamente rispetto a quelle del ghiaccio. E sono più fluide, in paragone quasi evanescenti. In questo caso dipende dalla temperatura.
Va bene, ma quando uno muore perché il corpo non subisce anch’esso una trasformazione? Il Buddha – Gautama Siddharta – sostenne che il sé non esiste e l’unico principio a rinascere è di natura mentale. D’altra parte egli riteneva che l’essenza della mente fosse spirituale. Gli Yogi, specialmente quelli di tradizione induista, parlano di una serie di corpi successivi, infilati gli uni negli altri. Una specie di scatole cinesi o delle guaine. George Ivanovich Gurdjieff, un maestro spirituale del secolo scorso, per taluni una specie di Rasputin, per talaltri un sant’uomo, affermava – un artificio o a vantaggio dei creduloni – che ciascuno deve costruire la propria anima con il sacrificio volontario e la sofferenza intenzionale, altrimenti morirà come un cane.
Il nirvana – il paradiso – non è un luogo, ma una condizione. A tal proposito sappiamo solo questo: tutti coloro che realizzano siffatta condizione non temono più la morte giacché – affermano – dopo un’esperienza simile essa diventa impossibile.