La meditazione, ovvero l’attenzione rivolta alle circostanze del presente, l’attenzione focalizzata in una determinata direzione, la consapevolezza, sono un viaggio senza fine. In questo articolo parleremo di meditazione come metodo che aiuta a superare i propri attuali condizionamenti.
In questo luogo, in questo stesso momento
Suggestioni e dipendenze culturali? Dopo aver iniziato a meditare ci si accorge ben presto di quante e quali attività umane siano state uniformate alle più bizzarre e fantasiose ideologie religiose e pianificate in conformità ai relativi e stravaganti modelli dottrinali. Un metodo abbastanza ragionevole per superare talune eventuali e ipotetiche coercizioni intellettuali che potrebbero creare ostacoli alla meditazione è il pragmatismo della consapevolezza.
L’illusione cosmica è innanzitutto illusione terrena. Ma prima che subentri l’inevitabile delusione per aver investito risorse ed aspettative nell’effimero, è preferibile tentare di emanciparsi individualmente.
Liberi dal conosciuto, da tutto ciò che è pregresso o futuribile per focalizzare “ciò che è”, non implica astenersi dal progettare o programmare la propria vita o professionalità, tutt’altro. Significa riporre gli orpelli inutili e procedere lievi.
Un momento. Procedere dove? Ma da nessuna parte, è ovvio. Dovunque andremo saremo sempre qui. E qualunque progetto avremo programmato lo realizzeremo sempre ora. In realtà l’unico tempo possibile è solo qui e ora. Il resto è tutto immaginazione, proiezione.
Qui e ora si attenua o dissolve ogni legame doloroso con il passato, si smascherano tutte le false promesse del futuro. Soltanto qui e ora riusciremo ad essere consapevoli. E quando un numero sufficiente di persone conquisteranno o realizzeranno tale consapevolezza, non ci saranno più impedimenti per espandere la libertà percepita interiormente da un ambito puramente soggettivo sino al mondo concreto.
Direi di meglio. Il dualismo tra virtualità interiore e concretezza si affievolirà viepiù. Gli antichi e decrepiti mausolei della paura di cambiare si trasformeranno in archeologia dello spirito. Rinascerà un individuo nuovo? Riscopriremo la spiritualità? Riceveremo la grazia? Domande cui in realtà nessuno seppe o poté mai davvero rispondere perché prive di riscontri oggettivi.
Non v’è nulla d’aggiungere a ciò che siamo. Indipendentemente dal numero di azioni buone e virtuose che riusciremo a compiere non accumuleremo mai benefici o ricompense spirituali. Non sto dicendo che sia giusto comportarsi da egoisti. D’altra parte il rispetto per tutti gli esseri viventi è un punto da cui non si potrà mai, quantunque e comunque, prescindere.
Qualunque sia l’evento in procinto di accadere o il beneficio che si potrebbe eventualmente ricevere, avverrà, in ogni caso, qui e ora, ma non sarà nulla che non esista già. Amorevolezza, gioia, compassione, auto-realizzazione, soddisfazione, sono situazioni o circostanze inscindibili dal momento attuale. Qualunque ipotetico futuro, anche se fosse trascendentale, sarà esperito, pur sempre, come il proprio personale presente.
Essere qui e ora non significa necessariamente rimanere con sé stessi, ma con tutto ciò che accade intorno. Consentire agli innumerevoli fenomeni che si avvicendano continuamente ed a cui via via presteremo debita attenzione di rivelarci ciò che siamo.
Naturalmente tale atteggiamento va considerato come una disposizione d’animo e non una tecnica di meditazione. Allora ogni momento di ciascuna peculiare esistenza, nonostante gli episodi alterni, i mutamenti o le inevitabili vicissitudini, testimonierà e celebrerà la sacralità della vita.
Ho sentito spesso ripetere con gran convinzione che per non essere fuorviati dalle pratiche di consapevolezza bisognerebbe essere dei rinuncianti. Chiesi a tal proposito al mio insegnante di meditazione se fosse mai riuscito a rinunciare definitivamente a qualcosa per scelta volontaria e deliberata, indipendentemente da eventuali cause esterne concomitanti. Siccome non si trattava di una domanda aleatoria mi rispose volentieri.
Le mie rinunce furono sempre transitorie finché non ebbi l’idea di rinunciare alla rinuncia. Chiaramente ciò non significò essermi dedicato agli eccessi. In effetti, lì per lì, non accadde nulla e solo il tempo e la meditazione risolsero le trame compulsive che mi costringevano a reiterare i miei antecedenti comportamenti inadeguati. Compresi, quindi, che l’unica vera rinuncia è il perseguimento dell’equilibrio.
Essere qui e ora non dipende da un atto volontario, tanto meno dalla rinuncia. È una conseguenza naturale della ricerca di un equilibrio che sopraggiungerà senz’altro, ma unicamente quando avremo compreso che anche quello è proprio nulla. Ci coglierà d’improvviso, talvolta spesso ancora impreparati. Sopraggiungerà inatteso e persino sorprendente.
Epilogo
Un altro modo per crescere? Osserva, innanzitutto, le reazioni che gli altri producono in te stesso.
Rigettati, qui e ora, a sé stessi dallo specchio del mondo esterno. Spiritualità piuttosto banale? Forse non esiste una disciplina più difficile da ottemperare.