La meditazione, di per sé, non aiuta affatto a guarire. Altrimenti ne travisiamo del tutto scopi e significati. La meditazione aiuta a raggiungere quel livello di concentrazione che ti consente di formulare le tue preghiere in modo meno superficiale. Tutto qui. Per cortesia, non dimenticatelo.
Che differenza c’è tra il Buddha e il Cristo? Non sto parlando dei personaggi storici, ma della loro essenza. Anche se il loro modo d’interpretare la vita fu diverso, anche se le premesse da cui trassero origine i rispettivi approcci furono ben differenti, anche se le conclusioni cui giunsero, nonché l’aspetto pratico dei rispettivi insegnamenti pressoché divergente, l’essenza è sempre la stessa. Che la si definisca consapevolezza, che si tergiversi indicandola come “ciò che è”, o la si presenti denominandola Dio, la differenza è solo formale. Quando la spiritualità si trasforma in religione si affievolisce, si attenua, sino a spegnersi, a scomparire del tutto. Gesù ha detto: “Il regno di Dio non viene in modo che si possa osservare. Nessuno potrà dire ‘eccolo qui’ o ‘eccolo là’, perché il regno di Dio è già in mezzo a voi” (Lc 17, 20-21). Ossia, lo spazio interiore – che si esplora e si espande – ben al di là degli apparenti limiti fisici o mentali intrinseci – con la meditazione – è il regno dei cieli.
Dio è l’essenza primigenia comune a tutti gli esseri, l’unità essenziale senza cui è impossibile concepire alcunché.
Dio è ciò che è: l’universo prima, durante e dopo; l’eterno presente; l’adesso.
Dio è il sommo bene: ogni dono gratuito e disinteressato; ogni pensiero rivolto all’altrui benessere; ciascuna preghiera dedicata alla pace, alla concordia, alla guarigione.
Dio è volontà, unità, consapevolezza.
Per evocarlo concentrati su quell’essenza univoca. Formula il pensiero di guarigione-sollievo che ti occorre, quindi rivolgiti all’apice, alla vetta, verso il sahashrara, il loto dai mille petali che si schiudono per riversare una pioggia d’energia nella tua mente.