La vigilanza, ossia l’attenzione cosciente a tutto ciò che accade nel momento stesso in cui si agisce è la chiave per accedere al variegato universo della consapevolezza. Se si è presenti a se stessi le identificazioni inconsce sfumano, regrediscono e diventano praticamente impossibili. L’orientamento delle varie religioni al riguardo converge: l’energia dello spettatore lucido si trasforma viepiù sino ad espandersi in ambiti supercoscienti, sino a lambire il policromo e illuminato cosmo sovrasensibile. Seguono alcune considerazioni in merito di Arnaud Desjardins.
“Interrogando monaci cristiani in Francia, monaci zen in Oriente, maestri tibetani e sufi, saggi induisti, ho sempre ritrovato due denominatori comuni a tutte le vie spirituali: il primo è ciò che chiamiamo vigilanza
La vigilanza corrisponde all’assorbimento cosciente dei diversi nutrimenti nel momento in cui questi provocano in noi desideri, paure, amore o odio e tutte le reazioni abituali. Il fatto di essere coscienti permette di digerire e di assimilare questi nutrimenti in un modo diverso, e quindi permette il raffinamento dell’energia così accumulata che invece non può prodursi quando siamo identificati con le nostre emozioni. […]
I dialoghi di San Gregorio Magno su san Benedetto […] sono eloquenti a questo riguardo:
«Ogni volta che una preoccupazione troppo viva ci trascina fuori di noi, noi restiamo certamente noi stessi, e tuttavia non siamo più con noi stessi, perdiamo di vista noi stessi e ci disperdiamo nelle cose esterne. Al contrario, ho potuto vedere che quest’uomo venerabile (San Benedetto) abitava presso di sé, sempre attento e vigile su di sé, si teneva sempre in presenza del suo Creatore, si esaminava senza sosta e non lasciava che lo sguardo della sua anima venisse distratto dall’esterno».
L’insegnamento del Buddha insiste allo stesso modo sulla necessità dell’attenzione:
«Coloro che sono attenti hanno già ottenuto la vita eterna, coloro che non sono attenti sono già morti».
Ci sarebbe da comporre un’intera antologia su questo tema attingendo a tutte le grandi tradizioni. È la prima differenza capitale dalla vita ordinaria in cui non ci si accorge di essere identificati, confusi, in cui il soggetto è assorbito dall’oggetto, in cui non c’è alcuna discriminazione tra lo ‘spettatore’ e lo ‘spettacolo’, tra il testimone e il fenomeno (sensazione, emozione, pensiero).
E il secondo denominatore comune si fonda sul primo, se non ci sono tracce del primo non ce ne saranno del secondo, e rappresenta un atteggiamento radicalmente nuovo rispetto al meccanismo di attrazione e repulsione, «amo, non amo, invidio, non invidio» […].
Che voi la chiamiate sottomissione alla volontà di Dio o accettazione di ciò che è, di tratta sempre di un atteggiamento insolito, che contrasta con la vita ordinaria. […]
Ogni volta che ricevete coscientemente un’impressione, che vivete coscientemente una situazione, diminuite il consumo di energia e assimilate molto meglio l’energia ricevuta. […] Ogni volta che svolgerete questo lavoro sulle emozioni per cui, grazie alla vigilanza, ritornerete a ciò che è e non sarete più trasportati dalle emozioni negative né dipendenti dalle emozioni positive, spingerete più lontano questa alchimia interiore che è la trasformazione dell’energia.
Innanzi tutto risparmiamo l’energia, in seguito la trasformeremo in materia sempre più sottile e infine fisseremo questa materia sottile in noi. […]
Quando non sprechiamo più la nostra energia nelle emozioni ordinarie, nei pensieri ordinari e nei loro meccanismi grossolani, trasformiamo la materia grossolana in materia sottile. […]”
(Da: L’audacia di vivere – Arnaud Desjardins)
– Arnaud Desjardins (amazon)
– Arnaud Desjardins (macrolibrarsi)
– Fonte