Benvenuti nel mondo affascinante della meditazione, dove la postura diventa una porta d’accesso per esplorare l’essenza della propria – calma, effervescente, ottusa o lungimirante che sia – poliedrica personalità. In un viaggio verso la tranquillità di spirito, ci immergeremo nell’arte di essere, danzando tra le onde della consapevolezza e sublimando l’energia impetuosa delle nostre anime perennemente irrequiete. Preparatevi dunque a mettere in mostra tutta la vostra grazia meditativa, perché, come diceva il grande saggio zen, ‘La postura è la posa più autentica per scattare un selfie dell’anima’. Sì, avete capito bene, anche le anime hanno bisogno di un po’ di luce riflessa sulla loro migliore angolazione. Quindi, mettetevi comodi, allineate la spina dorsale con la saggezza cosmica e lasciatevi trasportare dal flusso meditativo, perché nella quiete delle posture si nasconde l’essenza più preziosa: voi stessi.
«La postura della meditazione è una postura fisica: stiamo seduti a terra con un forte senso di radicamento, le ginocchia toccano il pavimento, le natiche sono appoggiate, la schiena è eretta, ma flessuosa, non rigida, il petto è aperto al mondo, all’infinito, le mani sono appoggiate con semplicità una sull’altra oppure sulle ginocchia, gli occhi sono chiusi o lo sguardo è abbassato e fuori fuoco, una vista periferica.
Ma la postura è soprattutto una postura del cuore, senza la postura del cuore non c’è nemmeno quella del corpo o è forzata e rigida. La postura del cuore è: io sono qui, aperta a qualsiasi cosa sorga e mi visiti, sono radicata a terra, sento il suo sostegno, e insieme mi alzo verso il cielo, nello spazio, li cucio. Il respiro è il mio alleato, mi fa stare qui in questo momento che fugge, nel presente che non è un tempo, sono seduta come un gatto, pronto a lanciarsi nel mondo se necessario. Sono seduta per conoscere, non per fuggire in un mondo solo interno, in un oltre. Sono seduta perché tutto brucia di illusione e di incantamento e ora so che non voglio più essere incantata, che voglio svegliarmi.
Sono seduta e seguo umilmente e con pazienza il respiro perché so che pensare non dà soluzioni, solo aggiunge nuove narrazioni all’autonarrazione e la narrazione non è la vita. La voce dell’autonarrazione non è nostra, è convenzionale, antenata, è strategia di sopravvivenza. La postura è esporsi all’essere. Dunque, sedersi in meditazione, accogliere in silenzio il respiro, conoscere senza pensare, è un gesto politico. Ha una portata collettiva indelebile, mi trasforma e con me trasforma tutto il mondo attraverso il cambiamento del mio atteggiamento verso ogni fenomeno con cui entro in contatto, non solo mentre medito, la meditazione formale non è che una palestra, un laboratorio, ma sempre e ovunque, nella vita quotidiana che è l’unica che c’è.»
(Da: Chandra Livia Candiani, “Il silenzio è cosa viva. L’arte della meditazione“)
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