Nel silenzioso teatro della mente, dove i pensieri danzano al ritmo incessante dell’essere, si rivela l’arte dell’osservazione. Jack Kornfield, maestro di saggezza e guida spirituale, ci invita a prendere posto in prima fila per assistere allo spettacolo interiore che è la meditazione. Con occhi sereni e cuore aperto, esploriamo il flusso di coscienza che definisce la nostra esistenza. Questi appunti sono un invito a distaccarsi dall’io effimero, a riconoscere la natura transitoria dei pensieri e a scoprire la pace che giace oltre il velo dell’attività mentale. È un viaggio verso la libertà interiore, dove ogni pensiero osservato diventa un passo in più sul sentiero dell’illuminazione.
“Quando osserviamo il processo costante e ripetitivo della nostra attività di pensiero vediamo quanto abitualmente quel processo generi un senso di « io » e « l’altro ». Lo sciamano Yaqui Don Juan insegnava al discepolo Carlos Castaneda: «Parli troppo con te stesso. Non sei l’unico, lo facciamo tutti. Noi facciamo andare avanti il mondo, con il nostro dialogo interiore. Un essere umano di conoscenza è consapevole che il mondo cambierà totalmente nel momento in cui lui smetterà di parlare con se stesso».
Quando la consapevolezza è concentrata sul processo del pensiero, comincia ad apparire una dimensione interamente differente dell’esistenza. Vediamo quanto i nostri ridicoli, ripetitivi fiumi di pensiero costruiscano di continuo il nostro senso limitato di noi stessi, con giudizi, autodifese, ambizioni e compensazioni. Se non li esaminiamo con cura ci crediamo; però se qualcuno mai ci dovesse seguire da vicino ripetendoci di continuo i nostri stessi pensieri, ci annoieremmo moltissimo ad ascoltarlo; alla lunga saremmo costernati dalla sua costante tendenza a criticare e ad avere paura di questo e di quello, poi ci arrabbieremmo perché non sta mai zitto. Alla fine, forse, concluderemmo semplicemente che è pazzo. Ecco, è questo che facciamo a noi stessi!
Di solito, se siamo onesti, scopriamo che i nostri giudizi non sono veri. Ajahn Chah diceva: « E semplice: quando qualcuno ti chiama ‘figlio d’un cane’ basta che ti guardi il sedere: se non vedi nessuna coda, la cosa finisce lì ». Questo vale anche quando ci giudichiamo da soli.
Fai un esperimento. Alla fine di questo capoverso metti giù il libro, chiudi gli occhi e cerca di contare i tuoi pensieri per un minuto o due. Stai seduto tranquillo e aspetta che vengano, come un gatto aspetta davanti alla tana del topo. Numerali uno per uno e stai a vedere che succede.
Noterai alcuni fatti interessanti. Alcuni di noi hanno in prevalenza pensieri verbali, altri hanno pensieri visivi; alcuni di noi li hanno entrambi. Alcuni pensieri prendono perfino la forma sottile di improvvise acquisizioni di conoscenza a livello fisico o intuitivo. All’inizio i pensieri tendono a rallentare perché non ci perdiamo né ci identifichiamo più tanto in loro; poi, nel giro di un minuto o due, possono presentarsi magari cinque pensieri verbali, o dodici, o venti, o un numero analogo di pensieri visivi. Alcuni possono sgattaiolare da dietro: « Non ti sono venuti molti pensieri finora, vero? » Altri possono cercare di catturare la tua identità: « Sto facendo giusto? » Se ci metti attenzione e cura puoi anche prendere consapevolezza degli intervalli fra i pensieri, lo spazio di consapevolezza all’interno del quale i pensieri sorgono. È come se tu diventassi un testimone — silenzioso, aperto, vivo — di tutto quanto. E se osservi ancora scoprirai di non essere nemmeno il testimone, perché se cerchi un « sé » scopri che c’è solo il testimoniare, solo la consapevolezza in sé, senza nessuno che la metta in atto.”
(Da: Jack Kornfield, il Cuore Saggio)
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