L’aggrapparsi, spesso in modo irrazionale o eccessivamente emotivo, a questo o a quello … l’avvinghiarsi, sino all’estremo d’identificarsi tout court con tutto ciò che ci rende sicuri, relativamente tranquilli o calmi, ma solo in apparenza … quindi il fatto, quasi sempre inconsapevole, di riconoscersi in ogni circostanza che ci arreca sollievo e quant’altro semplifichi la propria vita, la sfrondi dei lati più incerti … ci causa, in realtà, sofferenza e, invece di elevare la propria coscienza crea, di fatto, paura. E’ inutile arroccarsi dentro un castello dorato d’indifferenza passiva. Il segreto sta nel convergere qui e ora, offrire con amore per ri-entrare in contatto con l’essenza inerente e rigenerare se stessi …
«La generosità, il viaggio per imparare a dare, è la prima delle sei paramita. Quando ci sentiamo inadeguati e indegni, accumuliamo cose. Abbiamo tanta paura, paura di perdere, paura di sentirci ancora più poveri di quanto già non siamo. L’avarizia è davvero triste. Potremmo guardarvi dentro e versare una lacrima per il nostro arraffare e tenerci strette le cose con così tanto timore. Tutto questo afferrare causa molta sofferenza. Vorremmo ottenere sollievo, ma invece rafforziamo l’antipatia, il senso di colpa e la sensazione di essere un caso disperato. E’ inutile arroccarsi dietro un castello dorato d’indifferenza infelice.
Le ragioni dell’aggressività e della paura iniziano ad autodistruggersi nel momento in cui superiamo la pochezza del rifiutarsi di dare. L’idea di base della generosità, quindi, è quella di esercitarsi a pensare più in grande, di fare a noi stessi un enorme favore e di smetterla di pensare al nostro interesse. Più sperimentiamo la ricchezza di fondo, più riusciamo a mollare la presa.
Questa ricchezza di fondo è disponibile in qualsiasi momento. La chiave sta nel rilassarsi: rilassarsi a osservare una nuvola nel cielo, rilassarsi alla vista di un uccellino con le ali grigie, rilassarsi al suono dello squillo del telefono. Possiamo osservare la semplicità nelle cose così come sono. Possiamo sentire gli odori, assaggiare i cibi, provare emozioni e ricordare. Quando siamo in grado di essere lì senza dire “Sono d’accordo con questo” o “Non sono per niente d’accordo con quello”, ma siamo nel qui e ora semplicemente e molto direttamente, è allora che troviamo ovunque la ricchezza di fondo. Non è nostra o loro ma è disponibile sempre per tutti. Nelle gocce di pioggia, nelle gocce di sangue, nell’angoscia e nella gioia, questa ricchezza è l’essenza di ogni cosa. È come il sole che splende su tutti senza discriminazione. È come uno specchio che riesce a riflettere qualsiasi cosa senza approvare o rifiutare.
Il viaggio della generosità ci mette in connessione con questa ricchezza, tenendola così tanto in considerazione da farci provare il desiderio di regalare tutto quel che la blocca. Regaliamo i nostri occhiali scuri, i nostri cappotti lunghi, i nostri cappucci, i nostri travestimenti. In breve, ci apriamo noi stessi e ci lasciamo toccare. Questo si chiama costruire la fiducia nella ricchezza che tutto penetra. A livello quotidiano, ordinario, lo viviamo come flessibilità e calore.
Donare qualcosa di concreto può aiutare le persone. Se c’è bisogno di cibo e siamo in grado di donarlo, lo facciamo. Se serve un tetto, o libri, o medicine, e siamo in grado di darli, lo facciamo. Per quanto possiamo, ci prendiamo cura di chi ne ha bisogno. Nonostante questo, la vera trasformazione avviene quando lasciamo perdere il nostro attaccamento e doniamo ciò che pensiamo di non poter donare. Quello che facciamo a livello esterno ha il potere di smontare schemi profondamente radicati di attaccamento a noi stessi.»
[ Da: Pema Chödrön, “Se il mondo ti crolla addosso. Consigli dal cuore per i tempi difficili“ ]
– Pema Chodron (macrolibrarsi)
– Pema Chodron (amazon)
– Maitrī – Wikipedia