Bhante Henepola Gunaratana – adopera – per illustrare il processo di meditazione – l’efficace metafora dell’addomesticamento di un elefante selvaggio. Così come l’elefante, inizialmente ribelle e indomito, viene gradualmente calmato e guidato – o indotto – a eseguire lavori vantaggiosi, adeguati e profittevoli, allo stesso modo la mente, attraverso la pratica della meditazione, viene educata e focalizzata. La consapevolezza agisce come una corda che ancora la mente all’oggetto di meditazione – il respiro naturale – permettendo così di varcare – se non trascendere – gli strati dell’illusione e rinvenire la realtà sottostante.
«Le antiche scritture Pali paragonano la meditazione alla doma di un elefante selvaggio. Il metodo, a quei tempi, consisteva nel legare l’animale recentemente catturato a un albero, con una buona corda robusta. Ovviamente l’elefante non era contento: gridava e scalpitava tirando la corda per giorni. Alla fine gli penetrava nel cranio che non poteva scappar via e si calmava. A questo punto si poteva cominciare a dargli da mangiare e a trattarlo con un certo grado di sicurezza. Alla fine si poteva slegare la corda e addestrare l’elefante a fare diverse cose. Infine l’elefante era addomesticato e poteva essere utilizzato per fare lavori utili. In questa analogia l’elefante selvaggio è la mente sfrenatamente attiva, la corda è la consapevolezza e l’albero è il nostro oggetto di meditazione, cioè il respiro spontaneo e naturale. L’elefante addomesticato che vien fuori da questo processo è una mente ben educata e concentrata che allora può essere impiegata per il duro lavoro di perforazione degli strati d’illusione che oscurano la realtà. La meditazione addomestica la mente.»
– Bhante Henepola Gunaratana –
– Henepola Gunaratana (macrolibrarsi)
– Henepola Gunaratana (amazon)
– Henepola Gunaratana – Wikipedia