“Maestro, nel corso degli ultimi anni ti ho posto così tante domande e ricevuto così tanti insegnamenti che non mi raccapezzo più”, principiò la rana ossequiosamente rivolta al faro di saggezza rappresentato dal Buddha relativo che, per quanto ne sapesse, aleggiava nel giardino della meditazione.
“Ti ho stupito?”, mi chiese la rana mentre, intento a trascrivere il suo curioso racconto, ignoravo di proposito la sua bellezza. “Ieri mi sono sorpresa a pregare il Buddha storico, ovviamente. Poi, però, mi sono adagiata interiormente con l’onnipresente spirito che il suo solo pensiero mi richiama e ho meditato, senza se, senza ma, come se nulla fosse”, aggiunse perentoriamente l’enigmatica creatura che, oggidì, sembrava in vena di esporsi.
“Ma sì ch’è splendida”, pensai, “ne sono innamorato. Tuttavia, che ci crediate o no, mi è sufficiente osservarla, starle vicino e trascriverne le storie”, aggiunsi.
“È già buio!”, mi diede un candido bacio, assunse la postura del loto completo con quella grazia che solo lei trasmetteva e concluse: “Sai, alla mia osservazione sul vicolo cieco in cui mi sento bloccata, il maestro reale, cui di tanto in tanto ricorro, mi trafisse con lo sguardo”: “Bene, ragazza, ti darò un metodo, ma è personale, rammentalo, non generalizzare mai, vale solo per te. Comincia a contare i respiri. Brevi, lunghi, comunque siano e persevera fino alla svolta”. Sennonché, prim’ancora che replicassi, concluse: “Non tergiversare, sai già di cosa parlo, sino alla svolta”.