“Maestro, sono certa di essere positiva. Ho iniziative concrete. Focalizzo gli aspetti migliori, ogni bicchiere è sempre mezzo pieno. Metto in risalto, soprattutto, il buono, il giusto, il bello, tutto ciò che cresce e apporterà benessere. Tuttavia, nonostante l’impegno, il mio umore è proprio altalenante. Sento che, in fondo in fondo, mi manca qualcosa. Eppure pratico il ricordo di me stessa, l’autocoscienza … Non farti pregare, dov’è che sbaglio, qual è il mio errore?”, chiese la rana … alla statua del Buddha.
Il simulacro in pietra, ovviamente, non le rispose. Dopo aver contemplato il paesaggio e, in particolar modo, le cime dei monti prospicienti le cui pendici erano ben note per le nevi eterne, si sentì così soddisfatta che dimenticò l’accorata preghiera per incamminarsi sulla via del ritorno.
Il sentiero era piuttosto accidentato e dovette guardar giù di continuo per evitare sia i ciottoli, ruzzolati inopinatamente chissà da dove, che talune lastre disconnesse e sdrucciolevoli dell’impiantito che la costringevano a un’attenzione davvero fuori luogo. Sennonché, quasi all’improvviso, una splendida farfalla le tagliò la strada. Lei la seguì con lo sguardo verso l’alto, più su, sempre più su e … Ops! Si ritrovò in terra senza sapere come.
Miracolo! Un nuovo mondo le si dischiuse d’incanto. La prospettiva dal basso non le sembrò affatto ordinaria. Il segno meno, quello di tutto ciò che sembra inferiore, quasi negativo, dell’insuccesso, di ogni caduta, perdita, semi-scontato, le s’impresse così tanto in mente che nel prosieguo non fece altro che ammirare steli di erba, i suoi stessi piedi …
Poi sedette sul ciglio della stradina e osservò l’espirazione. Tanto, l’inspiro, sarebbe stato spontaneo. Infine pensò alla povera gente, agli emarginati, ai senza lavoro, ai più discriminati … e capì. Cos’è che capì la rana? Lo lascio al vostro buon senso. Per quanto mi riguarda credo pensasse all’Uno.
Ipse dixit: il vero spirito positivo guarda sia in basso che in alto, sta nel giusto mezzo.