“È strano, ma oggi m’imbatto di continuo nei miei alterego”, rifletté la rana zen osservando sorpresa le proprie sensazioni. “Sono i miei ipotetici alias, i succedanei alternativi delle mie personalità riflesse che s’interpongono tra me – sempre qualora ci fossi davvero – e la realtà. Sennonché non conosco nemmeno la realtà, mentre lo specchio lacustre che la rappresenta è finalmente vuoto (non prendiamola sul serio, può darsi che le altre rane dormissero – ndr). Ci sono solo costrutti mentali, chiacchiere su chiacchiere cui mi aggrappo come se rappresentassero la verità.
Già, cos’è la verità? Perlomeno oggi che mi sono ritrovata a elaborare prima e riportare subito dopo siffatta inusuale pletora di pensieri. La verità è quel medesimo specchio, punto cruciale di chi tace e poi ascolta … Che cosa? Ma è ovvio: il soffio del silenzio.”
Bene, ci risiamo! Gira e rigira, la rana chiacchiera sempre di meditazione, nonché dei suoi risvolti, delle implicazioni che comporta, delle realizzazioni che consente, se non dei conseguimenti che in qualche modo riesci ad agguantare; delle briciole di benessere che supponi di aver raggiunto.
Quasi come fosse una vetta da scalare mentre, in realtà, si tratta soprattutto di un inspiegabile ambito che di tanto in tanto si pregia di … accadere, sopraggiungere. Da dove? Se lo cerchi di sicuro lo perdi: è stato sempre qui!
Conclusione? La verità – dell’atipica rana – è: “Se io non ci fossi, questa sorta di dubbio non avrebbe nemmeno senso. Quindi la verità è ciascuno di noi o, se preferisci, l’insieme. Non cercarla altrove. Tu stesso (che leggi – ndr) sei anche quella medesima verità.”