Così raccontò la rana zen.
“Un breve excursus, non più di qualche timido cenno per coloro che non conoscono ancora bene la genia stanziale terrestre. Anche se, con ogni probabilità, alcuni dei nostri avi ne fecero altresì parte, per cui l’intuito ci suggerisce di non meravigliarci mai più di tanto, il nostro comportamento eccessivamente tollerante dista troppo dalla media dei canoni standard, ancorché riscontrabili, negli interspazi siderei d’origine.
Già, qui, in queste antiche lande regnano ancora i più irrazionali moventi del cuore. Non mi riferisco all’alveo dei sentimenti, ma all’approccio esistenziale che ne consegue. La natura è, di fatto, considerata un’estranea mentre so bene che nei nostri mondi è adorata, con tutto ciò che ne consegue, come l’immagine del Dio vivente.
Quaggiù, la natura è trattata alla stregua di un mezzo. Ben lungi dall’essere osannata in quanto fine, gli stanziali la considerano un mero optional. Purtroppo siffatta perniciosissima discrasia ci sta sospingendo sempre di più verso l’oblio, di noi stessi come degli altri, verso la dimenticanza, l’abisso. Eppure basterebbe scrollarsi vigorosamente di dosso l’inconsapevolezza primigenia per accedere in un battibaleno al contesto eterico degli archivi akashici, alla memoria universale.”
Gli argomenti, erano così interessanti che la nutrita folla di astanti, le rane zen sparse apparentemente a caso – una vera e propria moltitudine di piccoli gruppi semi-seri – un po’ dovunque nell’antica regione degli umili stagni rimasero ammutolite.
“Già, anche le nostre Antiche Dimore stanno oramai per sparire”, si disse la rana zen emozionata al pensiero di dover lasciare ancora una volta cotanto splendore. Nel corso della sua vita le era, per l’appunto, accaduto più volte: vedere il Dio delle rane, ossia l’Incommensurabile Natura ritirarsi in silenzio e lasciare il campo, anche se per pochissimo tempo, agli Aridi. Dopodiché, i ricorsi storici predicati dagli Auspici dell’Eterno Ritorno avrebbero avuto comunque la meglio.
“Rane del mondo, alzatevi e reagite, la natura è quanto di più sacro e inviolabile possa essere finanche concepito.”